il 17 novembre 2024 siamo andati al concerto di Ele A
l’impatto
che ha avuto sulla nostra vita è stato così importante che subito dopo l’inizio dei concerto, siamo come entrati in un vortice spazio-tempo che ci ha aperto le porte a una percezione totalmente diversa dalla realtà. Abbiamo perso il conto dei mesi, dei giorni e delle ore e si dà il caso l’effetto sia finito proprio ora.
Per fortuna.
Ma la variante percezione della realtà (chiamiamola così) che abbiamo vissuto non è una cosa positiva. La realtà non esiste
, non si sa se ciò che vediamo sia la realtà, di conseguenza non si può rendere assoluta. Quindi, chissà se la realtà era quella iniziata il giorno del concerto, oppure il nostro stato psicofisico attuale. Di sicuro in noi è successo qualcosa, che vorremmo analizzare.
Ci viene un dubbio: e se fossimo stati vittima invece di uno spegnimento momentaneo del nostro cervello, messo in atto dal nostro organismo per impedirci di entrare in contatto con l'atmosfera creata nel club per preservare i nostri (pochi) neuroni rimasti ad un simile scempio acustico?
E che ne abbiamo inconsciamente derivato così tanto conforto da non essere stati in grado di svegliarci sino ad ora ?
Abbiamo evitato, grazie a questo meccanismo di difesa, che nulla ha da invidiare ai peti del Mustela Putorius (aka puzzola), una partecipazione coscientemente presente al Natale e a Capodanno, siamo come entrati in una fase di pilota automatico che ci ha reso inaspettatamente graditi a qualsiasi situazione del music business avvenute in seguito (MMW, release party e concerti vari della musica industriale milanese).
Eravamo come degli automi, muti in un angolo ma capaci di dare sempre la risposta migliore
quando interpellati, non in termini di moralità o politically correct, ma di superficialità e banalità.
E tutti ci hanno adorato, anche i parenti con i quali di solito discutiamo per motivi futili come gli immigrati o i fascisti (perché questo è il loro limite argomentativo, il loro habitat divulgativo preferito).
Eravamo come dei dispencer di autostima sociale, l’ennesima potenza del classico yes man americano, magistralmente interpretato nell’omonimo film (“Yes Man” ndr), con il grande Jim Carrey, che, poraccio, anche lui deve pagare il mutuo della sua 15esima casa, se no mica si metteva a farla una stronzata del genere.
Una condizione veramente ottimale per aderire a questo tipo di società.
Grazie al quale il concerto è stato veramente gradevole: talmente tanto che non ci ricordiamo un cazzo.
Viviamo in un’epoca piena di stimoli, di rapidità, di cambi repentini di opinioni, di gusti, di guru e di oroscopi più affidabili (meglio Grazia o Paolo Fox? nel dubbio li leggo entrambi per avere argomenti sensati agli occhi del gentil sesso nei rari momenti di broccolatura arrogante)
, di conseguenza ne cerchiamo sempre di nuovi, non di migliori, di nuovi. La qualità non esiste, è un’invenzione del capitalismo per autolegittimarti a prevaricare, verbalmente, il tuo avversario di business e di conseguenza accumulare più capitale con le vendite
“io faccio i ravioli meglio di te”
disse Rana a Buitoni
Immaginatevi di trovarvi in una situazione per la quale in ogni direzioni verso cui cui ti giri vedi solo persone con:
1
lo stesso taglio di capelli e pettinatura
2
gli stessi giubbini
3
lo stesso (insopportabile) modo di parlare (il milanese ndr)
4
la stessa mania di tirare fuori il telefono appena si spengono le luci prima dell’inizio dello show (che cazzo di senso ha riprendere quando c’è tutto buio, solo loro lo sanno)… e di tenerlo in alto tutto il concerto perché evidentemente è l’unico modo per utilizzare i muscoli delle braccia, sapientemente allenati in palestra qualche ora prima.
Ma chi sono io, povero vecchio ventenne per giudicare chi è in una fase di ricerca di identità/di separazione dal branco?
Nessuno, ci siamo passati più o meno tutti.
Quindi direi di venire al nocciolo della questione.
Dicevamo: la monotonia però, non è stato solamente un fattore riscontrato nel modus operandi del pubblico dell’artista.
Riguarda proprio l’artista stessa.
Un’ora e 10 di concerto con canzoni tutte fottutamente uguali.
Io stavo per diventare suo fan a causa del fatto che girare per Milano con della musica boombap (tipo di rap old school, legato alla East Coast) in macchina potrebbe essere un modo per farsi vedere fresco alle nuove generazioni, soprattutto alle fanciulle:
“sai ho scoperto questa rapper femmina, no cioè pazzesco, viva le donne, viva le donne emancipate, viva le donne della musica, viva le donne rapper” = frasi utili per andare in buca già la prima sera, provare per credere.
Ma un concerto è un'altra cosa
rispetto alla macchina, sei in piedi, circondato da gente stonata che canta come se fosse l’ultima volta in cui gli è concesso di farlo, e, soprattutto, porcaccia la m****, si esalta per un susseguirsi di brani-stampino, tutti ad una velocità (o BPM o agogica) troppo moscia per pogare e troppo invadente per rilassarsi e dormire.
Insomma: una cazzo di tortura che l’inquisizione spagnola in confronto sembrava una Spa dell’altoatesino, di quelle che mettono negli spot della regione Trentino Alto Adige, per intenderci, solitamente in onda alle 23.45.
Ma bisogna spezzare due lance a favore della giovane Eleonora Antognini in arte Ele A (no, non quella dell’originalità nella scelta del nome) classe 2002.
La prima: il palco lo tiene molto meglio di alcuni rapper navigati (di cui non farò nomi d’arte ma solo nomi veri: Emanuele Frasca e Francesco Servidei) che quando salgono sul palco parlano come se fossero davanti al sergente reclutatore con la speranza di fargli credere di essere due diversamente abili per essere rimandati a casa.
Infine, la seconda, che abbiamo realizzato ora, proprio ora, poter essere forse il fulcro di tutto questo articolo, che ricordiamo essere il perché si sia attivato il nostro meccanismo di difesa, quello responsabile dell’ipnosi prolungata a cui siamo stati sottoposti da quella data (quella maledetta data, semicit.) fino ad oggi.
Le sue zinne.
Stiamo parlando di un qualcosa di veramente magnetico e catatonico, a tratti lisergico, che ha indubbiamente captato l’attenzione collettiva, non solo la nostra
, dal momento che, come detto prima, la musica ci è riuscita così così. Non perché scadente, anzi, ma perché veramente tanto ripetitiva
.
Ma da quasi trentenne (ergo non vecchio, ma) e da operatore del settore (musicista e produttore) mi sento in dovere di fare un piccolo appunto.
È veramente un peccato che l’industria musicale, molto spesso, favorisca o comunque abbia una predilezione per artiste donne, diciamolo, sessualmente prorompenti.
Per carità, la colpa mica è solo dell’industria in sé: l’uomo medio italiano appena sente, anche un mediocre, talento musicale in un corpo femminile ben fatto raggiunge abissi di bassezza cultural-comportamentale di rara grevità.
E chi di dovere questo lo sa e cavalca l’onda di gran gusto, riempiendo i roster di ragazze immagine, pronte a stuzzicare i palati più disparati.
NON STIAMO PARLANDO IN PARTICOLARE DI ELE A, ma essendoci caduti anche noi nel meccanismo becero del “AAAAH, CHE ZINNONE” non potevamo, una volta tornati lucidi, che fare questa piccola riflessione.
Si sa: l’Italia(nosfera) non è un posto in cui poter parlare di meritocrazia nella sua accezione più pura, ma questa visione altamente sessista del business della musica e più in grande, quella dello spettacolo, rischia seriamente di farci perdere numerose Artiste valide o relegare il loro eventuale successo alla pura dimensione estetica.
Non che sia sbagliato, anzi, ma di sicuro non è funzionale al bene della musica.
Sarebbe bello accelerare il tutto all’ennesima potenza: mi ascolti per il mio corpo? Allora faccio esplodere tutto: mi esibisco nuda.
Pensiero che però si dovrebbe applicare a tutti gli artisti: basta brand, basta adv, basta partnerships: solo concerti come mamma ci ha fatto, giusto per equiparare una volta per tutte maschi e femmine in una situazione, e raggiungere forse la vera uguaglianza di genere.
Pensateci: artisti e musicisti, di tutte le etá, generi e situazioni musicali, nudi sul palco.
Non ci sarebbe nessuno che va a sentire la più scosciata (o il più palestrato) perché sarebbero tutti fottutamente allo stesso livello.
Concerto voto: 6 1/2 (valore probabilmente aumentato a causa dell’ipnosi
)
Zinne voto: 11