Il foglio bianco è il mio unico confessionale, e questa è la confessione di un ladro.
Sono sempre stato affascinato dalle cose possedute dagli altri, a partire dalle madri dei miei amichetti, sino ad arrivare alle mogli dei miei colleghi.
Lo ius possessionis scaturisce dall’oggetto giuridico in sé e dalla sua collocazione spaziale, dalla ripetizione di determinate circostanze ripetute nel tempo che fan sì, come per forza di gravità, che tali oggetti appartengano all’orbita giuridica di altri soggetti per origine o cessione.
È lo Stato l’impalcatura che permette tutto questo, e io al di fuori dello Stato non dovrei esistere, in teoria, ma sento che al di là del sipario c’è qualcosa, e voglio scoprire di che si tratta.
All’inizio è il buio, poi compare Pinocchio. Come ti sei fatto vecchio Pinocchio! E quante bugie ci hai raccontato, Pinocchio!
Ma noi ti vogliamo bene, perché siamo tutti fratelli in questa loggia, come lo siamo noi, racchiusi tra queste fredde mura.
Voi lasciate che crescano fin da ragazzi in condizioni tali da essere fatalmente destinati ad una vita criminale, poi li punite. In altre parole, punite quei ladri che voi stessi avete creato
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Io, comunista così (cosiiiii tipo Mario Brega), lo sono sempre stato. All’asilo eravamo io, Berlinguer, Enzo Ferrari e Fabio Fazio.
Sapete come andava sempre a finire?
Che io e Berlinguer pigliavamo in braccio a Enzo e lo usavamo come ariete per sfondare lo sterno di Fabio Fazio, ma questa è un’altra storia. Qui in questa fredda prigione i ricordi si confondono con i sogni e il tempo scorre in maniera differente. Il mio compagno di cella russa profondamente, sono le quattro di notte e non ho ancora chiuso occhio. La prima notte in carcere non si dorme mai, è provato scientificamente da migliaia di film holliwoodiani che ripetono sempre la stessa frase. Eppure, questo torpore che mi prende la testa dipinge sul soffitto pieno di muffa geroglifici e frasi in aramaico antico, leopardi e tigri blu.
Nel frattempo là fuori, nel mondo libero, i giornali chissà come mi staranno mettendo alla gogna, la gente, come mi starà perculando. Ma loro non sanno! Loro parlano, e nulla sanno, loro! Della mia malattia! Io, che sono allergico al danaro.
Anche il solo strusciare di una banconota tra le mie dita, sull’epidermide m’ingenera un prurito irresistibile e nervoso. Loro, non hanno idea di che significhi essere allergici al denaro e riuscire a vivere in un mondo in cui da esso non vi è scampo. Ogni possibile ramificazione del presente nel futuro mi presenta non altro che un passo in avanti verso la morte! Ma io esisto, anche al di fuori dello stato, anche nel mondo costretto del carcere e qui, lo affermo e lo nego, io sono innocente.
Perché io il denaro non lo posso spendere, e dunque rubo! Ebbene io rubo, perché se la proprietà privata non è un furto, non è detto che non possa essere il furto stesso la proprietà privata! L’unico atto di possesso veramente universale è l’appropriazione incondizionata di un oggetto, a prescindere dalla legge e dalla giustizia, che altro non è che una tautologia.
È l’abnegazione della negazione dell’affermazione che si realizza plasticamente in una prospettiva retrospettiva estremamente cagliostresca e supercazzolamica (da pronunciarsi con la erre moscia tipica di Cacciari).
Un rapido susseguirsi di spirali spettrali e deliranti di fronte le quali, lei, signor Giudice, non vale un cazzo!
L’unico atto veramente rivoluzionario è il furto.
È da qui che deve ripartire la sinistra. Basta con gli ulivi e le casalinghe di Voghera! Noi vogliamo prendere una decisione radicale ed è per questo che noi vogliamo schierarci dalla parte di chi con il contratto sociale non ci sta!
Sì, lo so, lo so. In passato sono stato un vero e proprio adoratore dello Stato. Chi mi ha conosciuto bene crede addirittura di avermi visto innamorato dello Stato, ma loro, loro!
Loro non sanno che l’amore e l’odio sono due facce di una medesima e orrida medaglia. Io lo Stato lo amo, perché lo Stato lo odio.
Sono stanco di amare di riflesso ciò che desidero e davvero non posso esprimere. Siamo stanchi di amare perché siamo troppo deboli per odiare sinceramente.
Noi dunque ci schieriamo dalla parte dei ladri, una classe oggi in lotta con l’ordine costituito come ieri, sin dall’alba dei tempi, sin dall’orda primordiale. Noi ringraziamo i ladri senza se e senza ma, perché senza di loro non avremmo conosciuto il nostro più grande amore, lo Stato, che tanto odiamo!
Ma l’amore è un fenomeno umano, e come ogni fenomeno umano ha un inizio e una fine. Noi vogliamo scrivere su questa lapide la parola fine per inaugurare un nuovo inizio, un nuovo rivoluzionario inizio! Il primo passo da fare è quindi adoperarsi già da subito alla costituzione di un sindacato che tuteli la categoria dei ladri!
Non è possibile che le forze selvagge del mercato nero causino ad esempio la vendita al banco dei pegni di una collanina d’oro strappata dal petto di qualche figlio di papà per poche decine di euro.
L’economia ruota attorno all’uomo e il valore aggiunto di una collanina rubata sta proprio nel fatto che l’errore di prezzo non incorpori il valore rivoluzionario e rigenerante del furto in sé, rischiando di tradursi in un pericoloso fallimento di mercato.
Questo è solo uno dei numerosi e variegati casi concreti di cui intendiamo occuparci con il nostro sindacato, che vorrà premiare il rischio di ogni azione orientata al furto. La sinistra deve ripartire da qui.
Questa è la confessione di un ladro, che ha rubato, per amore dello Stato.
P.F.