Anno I° della repubblica: tutto a puttane
A Roma niente di nuovo. Sulla via per il senato v’è il solito immigrato mezzo morto d’ubriachezza in un cartone. L’aria ti spezza i polmoni, fa un gelo cane. “Meglio l’Hotel” è una frase di rito. Almeno lì scopi senza troppi giornalisti che giocano a fare la caccia alla beccaccia. La desolazione delle ultime ore della notte si lascia morire sui muri dei palazzi di fine ottocento. La decadenza è assoluta, e noi ne siamo parte, e ne traiamo gioia e compenso illimitati, una libidine sfacciata nascosta in un completo di poliestere grigio.
Dall’albergo al palazzo la strada è poca. Corta ma ricca. Incredibile, a Roma si trova di tutto. Tutta la vita passa per l'urbe.
Vicino alla chiesa del frate scuoiato v’è una piccola corte di libici – quattro gatti mezzi svegli – rintanata in una viuzza laterale, dove un’onda di odori acri mezzi orientali alla cipolla si fonde ai sanpietrini imbastiti di merda di piccione. Se ne stanno a pregare due bottiglie di Peroni con la stessa devozione con cui pregano il Maometto. Ma il ramadan l’hanno abolito gli americani nei primi del duemila, nessuno lo prende più sul serio. E poi, Dio è giapponese: orde di Miku strafatte di chetamina e qualche Bocchi in sella ad un maiale. Persino Clash of Clans è tornato di moda. Siamo cucinati, per davvero questa volta.
Il risveglio della città
Il sole timidamente si fa sempre più grande. Le cupole lo accolgono come inservienti i soldi del padrone. Mancano due curve e si darà il via alla giornata; ma prima, si passa da Rumano. Un vecchio caffè anni ’50, uno di quelli del boom, dove la Pira e un giovane Andreotti giocavano a briscola e imprecavano San Pietro. Trullo mi aspetta ai tavolini esterni, sotto il tendone mezzo plastificato. Un assistente davvero fedele, non v’è dubbio. Sta sempre con “Il Corriere” fra le dita. Va a caccia di acquisti del fantacalcio – le tangenti si fanno anche lì, giustamente. Mi siedo, neanche mi nota. Rumano si fa avanti e lui gli fa “due caffè”. M’ha visto allora, ‘sto fanatico di Ibra. “Che dicono le pulci?” – uno dei nomi dei giornalisti. "Un cazzo, la solita roba. Anche il calcio è propaganda. Bisognerebbe dirglielo a mamma Rai: Torna alle Fiction, ti stanno più comode. Sono peggio degli Zeloti"
. Gettato il giornale sul tavolino si accende una sigaretta. “Ne vuoi?” mi fa. “Dopo” gli dico. Fuma Camel, io no.
Un’ora di chiacchera basta e avanza. Il sole è a un quarto di scala. La gente si fa sempre più visibile. Roma è partita. L’Italia è partita. Chi dice che Milano è il futuro si sbaglia. Pozzuoli è il futuro. E Roma è l’antipasto. Rumano ha rimesso la pancia dietro al balcone. Sessant’anni, un relitto di boomer. Ma qui siamo tutti relitti. Tutti i politici sono relitti, anche i più giovani. Funziona così.
Eppure, la cameriera fa la “Fellatio” a Rumano dentro i bagni. Trullo va solo con le somale ed io, più raffinato, vado con tutte, pure con le suore. Persino Virgilio, il sindacalista, dopo un comizio alla ASL di Ferrara, tornava in campagna per andare con le contadine. Quella sì che si chiamava vita.
Ecco: I poliziotti, i giornalisti, i “Quo Vadis”, le belle segretarie alla berlusca e i sorrisini alla Sorrentino. Dove lo trovi un menù del genere? Il più grande ristorante d’Italia: il Senato.
La routine del potere
Prima della seduta, il solito: caffè ai tavolini, cocaina ai lavandini. Scopare anche, per alcuni.
V’è chi ha sciolto il Viagra con lo zucchero e se n’è andato, mano serrata sulla gonna d’una brunetta, nei ripostigli dell’ala grande. Anche i balconi sono un’ottima idea; ma vi sono i giornali, Instagram, TikTok… Non è giusto. Finito è il tempo di Pertini.
Il corridoio è tutto un fremito. Segretari, sottosegretari, ministri, assistenti, senatori, caramba… Sembra di stare alla sagra del tartufo. Trullo chiarisce subito: “Il voto di sfiducia”. Sembra che l’opposizione voglia sfiduciare – ma che novità! – il governo. Le poltrone sugli spalti gli bruciano i pantaloni. Hanno perso le elezioni, ma non la dignità. No, anche quella. Il loro ex segretario – uno che lo dava a Berlinguer a quanto pare – s’è immischiato nella solita cafonata. Due giorni fa la finanza ha intercettato una Bugatti che sfrecciava a ottanta nel bel mezzo della zona trenta. S'è schiantata su un bengalino, facendo strage di un carico di vodka finlandese.
I finanzieri hanno aperto la macchina e – che sorpresa! – il segretario, fatto come un mulo, stava finendo un 69 con un Indiano. L’epilogo ha fatto notizia: sfiduciato, se n’è andato a Belgrado, solo per ripetere la stessa cosa con uno spagnolo. Chissà con chi lo farà, in carcere…
L’aula parlamentare
Cinque minuti in aula sono peggio d’una festa senza vino. Un deputato dell’opposizione – una testa di cazzo, letteralmente – se ne esce col solito elogio sul nobile carattere del presidente della repubblica. E chi glielo dice che il vecchio a quest’ora sta giocando a cinquanta sfumature di grigio con un otto d’elisir? Ma è meglio così, certe cose vanno nascoste; sapete com’è: “Non conviene”, disse il Papa.
Dopo di lui il trenino, il regionale del pendolare all’uno est di Termini. Prima un ministro, poi l’opposizione, poi il governo, poi l’opposizio-Che cazzo fa il vecchio Citrullo? Camicia nera e un dildo di gomma? Sul serio? Ma non s'era preso l'ostia dell'Ulivo?
AH! Vuole randellare il ministro delle finanze? Certi vizi a novant’anni non li togli. Io l’ho sempre detto: Mai, e dico M A I, sniffare coca e viagra sul reggiseno d’una burocrate. Ben gli sta, cacciato a forza! Anche oggi i giornali sapranno fare scandalo per poco. Peccato però, due minuti. Di solito dura di più.
La pausa
Il sole ha cacciato il freddo. A Roma si crepa di caldo anche se piove. Andiamo da Rumano – v’è pausa, una delle tante. Finalmente posso fumare! Trullo ridacchia come un ciuco. Per poco non si versa la tazzina sulla camicia. "Senti questa: Sorpresa in Sapienza: Irlandese si accoppia con un busto di Platone. La rettrice: Si sentiva solo"
. Quasi mi soffoco col fumo. La gente è impazzita. L’Europa è impazzita. Ma questo mi va bene, è buono per tutti. Più soprese, più voti. Più disagi, più voti. La democrazia – “Cloacograzia”, disse Aristotele – è la migliore delle cure possibili. E quella cura, si chiama Bruxelles. Sempre sia lode a Schengen!
Il teatro della politica
Dopo la pausa altro lavoro: è tempo degli insulti. Gli interventi si susseguono a ruota. Gli italiani mangiano. Le pizzerie sono piene, i ristoranti pure. Il grande occhio della Rai s’è posato su di noi come l’ombra d’una pineta toscana. Peccato che a posto di ubriacarsi coi cinghiali ci tocca fare il gioco delle maschere. Un lavoro qui, un intervento là. Mamma Trump e babbo Ursula litigano per gli alimenti.
Putin s'è preso l'orso 4x4 con le pellicce dell'amante di Ping de' Poo.
La stella blu fa tiro a bersaglio col Corano e la Bibbia. Il circolo poetico somalo ha fatto saltare un capannone di Latina con le bombe Maradona del ’23. Insomma, le solite cose.
D’un tratto – M I R A C O L O! – arriva la proposta: “Sfiduciamo il governo”. A farla è quello di prima – il “letteralmente testa di cazzo”. Ha la cravatta color cachi: ha bevuto troppa birra. L’aula intera lo guarda estasiata. “Ma questo è coglione” fa Trullo, ridacchiando. “Ha preso sul serio la proposta!”. Dovrebbe essere noto che la sfiducia è solo un gioco. Ai tempi di Moro, forse, funzionava. Ma oggi, son bagatelle.
Roba da nostalgici di Gladio e di Bossetti. Tutti trattengono le risate a fatica. Il presidente del senato – un pelato dallo sguardo da Rocco – lo calma e lo rimette nei ranghi. “Neanche sua madre faceva così” fa Trullo. Ma almeno i giornalisti sapranno di cosa ridere.
“Ancora poco e si torna in albergo”. Questo è il pensiero che accomuna ogni politico per bene.
Il calar del sipario
Quello che accade dentro le camere, poi, non è roba da giornalisti, ma da paparazzi di quartiere. Oggi è mercoledì, metà settimana. Ergo: orgia latina.
Guzzone, ministro degli interni, s’è già dato ai funghetti iracheni. Ecco a cosa servono i migranti! Filanella – vecchia lupa ai tempi di Bossi – farà da Taxi alle attrici Messicane. Andruzzo, presidente dell’INPS, detto “mangia cavi”, ha già pronti gli oli che furono del cavaliere. Un regalo dalla Russia – “Dalla Russia con Amore”. Roba del Daghestan, qualità assicurata. Il tempo scorre come l’acqua della Senna. L’imbrunire si fa vivo. Suona il campanello.
Cala il sipario. Apollo tramonta su Roma. I colli fatali si accendono una Marlboro – buon per loro, fumo solo Muratti. Al ritorno l’immigrato se n’è andato. Al suo posto v’è una gotica in calzamaglia e felpa. Ha gli occhi pieni di DHC. Arrivato in Hotel, ovvierò alla mancanza. I turisti estasiati - per loro è tutto un sogno, un misticume, una storia su Insta. Buon per loro e meglio per me.
Non postano mica i barboni di Termini – col Giubileo li abbiamo messi nel tappeto e nei cuscini.
Rumano chiude. Gli uffici si svuotano. Ai gabbiani – i giornalisti – ho lasciato Trullo. “Andate in pace” disse Prodi. E noi lo facciamo. Fumo, come sempre. Roma non è Milano. Le auto sfrecciano nella sera. I fari tagliano le ombre superstiti. Un ragazzino bestemmia su Minecraft – la finestra è aperta, ma anche se chiusa si sentirebbe lo stesso. Neanche un veneto bestemmia così. Questa sì che è gioventù di carattere!
“Siamo grati al presidente per la sua compassione” – a quest’ora starà mangiando gli spaghetti alla polenta. E poi: zucchero da naso. Il vigore serve a tutti, soprattutto a chi lavora – si scherza ovviamente: non lavora più nessuno – l’economia va avanti a forza d’inerzia e preghiere. Ma ora non importa. Bisogna prepararsi. La notte attende. Il serpente si mangia la coda.
La sera mi abbaglia alla soglia dell'androne. Ora un po' di festa, e domani… beh, Democrazia!