Intervista a Mr. Totalitarismo

Oltre gli schizoblogs e la memetica

Intervista a Mr. Totalitarismo
Lettura boomer
Due chiacchiere con uno dei blog più importanti nel panorama memetico italico.

In Italia, per chi non lo sapesse, ci sono molti schizoblogs. Blast, nonostante tutto, può essere considerato anche uno schizoblog. Studiando a fondo in questa nobile tradizione, di cui siamo gli eredi, abbiamo incontrato Mr. Totalitarismo. Un personaggio che ci ha subito colpito per l’ironia nella scrittura, la conoscenza approfondita dei meme e l’anonimato: letteralmente noi?!?!

Forse no, perché è un boomer.

O meglio, questo è l’insulto che diciamo a tutti coloro che ci incontrano e hanno più di trent’anni, anche se ☝🏻🤓 A rigor di logica i boomerz dovrebbero essere i nostri genitori (manco a loro forse…).

In ogni caso, il nostro Mister si può dire una delle eminenze grigie del Dark Side of the Internet dell’italiosfera. Come recita sul suo sito, si è cancellato da tutti i social e i profili che troviamo sono solo fanmade. Ci chiediamo se sia vero, ma nel dubbio diamo il nostro assen(zi)so.

Dopo svariate peregrinazioni nel mare del web, ci siamo connessi con Totalitarismo e, tra un’email (mezzo desueto) e l’altra, siamo pervenuti a questa intervista con uno dei commentatori psicopolitici più attenti nel panorama. Buona lettura.

Come mai hai deciso di aprire un blog? Da dove deriva il nome Mister Totalitarismo?

Il blog è sempre stato il mezzo più semplice per chi, come me, voleva puntare maggiormente sui contenuti che sulla forma (categorie banali, ma è giusto per intendersi). L’unico difetto di tale via di comunicazione è che ti “obbliga” a parlare di te stesso anche quando desidereresti solo commentare le notizie del giorno.

Ad ogni modo, il nome Mister Totalitarismo ha una sua storia a parte che riassumo in due parole. Inizialmente il mio blog si intitolava “Totalitarismo Totale”, un’espressione ispirata a una pagina dei diari di Drieu La Rochelle del 6 dicembre 1944:

«Ciò che è profondamente necessario nel socialismo integrale, il comunismo, è il ritorno dell’umanità al totalitarismo totale [totalitarisme total]. Tanto peggio, se questa teocrazia è a testa in giù… L’umanità ha, con ogni evidenza, bisogno di dormire.»

Se ci pensate, in questo passaggio è già in luce il Dark Enlightenment che mi ispira sin da “tempi non sospetti”, ma al quale non ho mai aderito apertamente proprio per la necessità di rintracciare una radice più arcaica di tale bisogno umano ed evitare di appassionarmi alle mode ideologiche del momento.

Il “Mister” l’ho aggiunto più o meno nella seconda metà del 2018, quando un tizio in polemica con me mi apostrofò come “Mister Totalitarismo” (ai tempi il mio nickname sui social era solo “totalitarismo”).

Non so perché, ma mi fece sbellicare dalle risate, probabilmente in virtù del fatto che in quell’epoca – per me ormai lontanissima – insegnavo ancora alle elementari, e ogni tanto gli alunni invece di “Maestro” mi chiamavano “Don” o per l’appunto “Mister” (inteso, ça va sans dire, come “allenatore”), quasi ad esprimere un universo perfettamente racchiuso tra la scuola, l’oratorio e il campetto da calcio.

Ecco, il mio totalitarisme total è delimitato dalle quattro mura dell’aula di una primaria, e penso che al di là di qualsiasi pasolinismo (spiace, ma non ho nemmeno 10 lire da offrirvi), converrete con me che l’Italia fosse un Paese più felice quando il titolo di studio più diffuso era il battesimo.

In questi quasi 10 anni come sei maturato e dove ti sta portando questa avventura? Qual è l’articolo di cui vai più fiero?

Trovo encomiabile che siate risaliti ai primi pezzi del mio blog, anche se in verità questa “storia” della scrittura online per me va avanti almeno dal 2002. Mi sono trasferito da una piattaforma all’altra (la defunta splinder resta la migliore, anche perché italiana, mentre ho trovato piuttosto macchinosa e claustrofobica quella di Google).

Nel 2009 circa feci il botto perché un redattore alle prime armi del “Corriere della Sera” inserì nel suo articoletto un link al mio blog (non vi dico quale fosse, perché altrimenti andreste a sovraccaricare archive.org). Mi arrivarono decine di insulti e minacce di morte, ma anche manifestazioni di cieca obbedienza e persino un invito da un giornalista di “Studio Aperto” per un’intervista (ai tempi il telegiornale di Italia1 era qualcosa di psichedelico, un misto tra Tabboz simulator, Paperissima e TikTok).

Capii dunque che il ruolo del blogger era simile a quello del pagliaccio del circo e mi adeguai perciò timidamente alla tendenza, fino a diventare il mostro che sono ora. Nelle mie successive incarnazioni, sono venuto in contatto con il fior fiore della destra mainstream italiana, il che mi ha fatto capire che uno dei miei talenti è quello di ispirare una simpatia istintiva (non dico “empatia” perché suona homo), sempre con la speranza che tale sympátheia non si trasformi in una “pateticità” tout court

Non c’è un articolo specifico di cui vada particolarmente fiero perché amo illudermi che ogni cosa che scrivo racchiuda il mio intero microcosmo. Mi piace aver portato in Italia temi assolutamente inediti, anche perché così posso beccare più facilmente chi mi copia senza nemmeno avere la pietà di citarmi.

Se dovessi proprio rispondere, direi che sono parecchio affezionato ai miei post su Cesare Pavese, perché hanno tracciato vie inedite nel panorama della manosphere nazionale, conferendole un tocco di ineludibile italianità.

Hai deciso di eliminare ogni account social, facendo modo di essere visto solo dal tuo blog, come mai questa scelta?

Penso rientri sempre nella necessità di occupare uno spazio ben delimitato (il blog), che però rappresenti una proiezione perfetta del macrocosmo nella nostra realtà. Non sono agorafobico o che altro, tuttavia non riesco a sopportare la dispersione costante che caratterizza i social, in particolare nel momento in cui la censura sempre più assillante (il 2019-2020 è stato micidiale da questo punto di vista) mi ha fatto perdere centinaia di meme creati con tanta passione e ingegno (e naturalmente postati senza salvarli su qualsiasi altro dispositivo, perché la “macchina” non deve fermarsi mai).

Adesso Twitter è cambiato radicalmente proprio nel momento in cui me ne sono andato, ma non ho intenzione di iscrivermi di nuovo: altresì, mi diletto a interpretare tutto ciò dalla prospettiva del meme Hard Times Create Strong Men (dunque non ci torno perché non voglio diventare weak nei good times).

Nei tuoi articoli parli spesso di cultura “di destra” e “di sinistra”. Potresti spiegarci cosa intendi con questi termini?

Domanda da duecentomila shekel. Mi sono già dilungato abbastanza nelle risposte precedenti e non voglio imbastire chissà quale sistema interpretativo. Diciamo che è una categorizzazione necessaria per non impazzire, ché altrimenti finiremmo non dico nel qualunquismo ma proprio nel depensamento. Peraltro, trovo che le interpretazioni migliori su cosa sia “cultura di destra” e cosa sia “cultura di sinistra” derivino, in modo quasi chiasmatico, da filosofi che volevano stigmatizzarle, cioè Furio Jesi nel primo caso e Augusto Del Noce nel secondo.

Dunque: cultura di destra sono le famigerate “idee senza parole”, mentre cultura di sinistra è il “suicidio della rivoluzione”. Ognuno sceglie il delirio a cui è più portato; personalmente però, dato che la mia ragion d’essere è fare i meme, non posso non collocarmi nella fazione di chi è in grado di farli.

Alla fine penso che la risposta migliore su cosa sia una cultura de destra e una de sinistra sia racchiusa in una bellissima pagina di Jean Raspail nel suo classico Il campo dei santi:

«Chi ama davvero le tradizioni non le prende troppo sul serio e va in guerra divertendosi un mondo; sa infatti che sta per morire per qualcosa di evanescente, generato dai suoi fantasmi, una via di mezzo tra l’umorismo e la farneticazione. Forse si tratta di un sentimento più sottile: quel fantasma cela il pudore di un uomo ben nato che per non apparire così ridicolo da battersi per un’idea la ammanta di note strazianti, di parole vuote, di orpelli inutili e si concede il piacere supremo di un sacrificio quasi fosse uno scherzo di carnevale. Questo, la Sinistra non l’ha mai capito: perciò riesce a secernere solo un rancoroso sarcasmo. Quando sputa sulla bandiera, piscia sulla fiamma del Milite Ignoto, sogghigna al passaggio di vecchi reduci idioti col basco in testa e grida “Woman’s lib!” quando due sposi escono da una chiesa, per citare soltanto gli esempi più banali, lo fa in modo tremendamente serio, “da coglione”, direbbe, se sapesse giudicarsi. La vera Destra non è seriosa. Per questo la Sinistra la odia, così come un boia odierebbe un condannato al patibolo che ridesse e scherzasse in faccia alla morte. La Sinistra è un livido incendio che divora e consuma. Nonostante le apparenze, le sue feste sono tetre quanto una sfilata di marionette a Norimberga o a Pechino. La Destra è una fiamma inquieta che guizza allegramente, un fuoco fatuo nella cupa foresta carbonizzata.»

Sei tra i pochi in Italia a tenere d’occhio commentatori politici influenti, ma purtroppo di nicchia qui da noi, come Nick Fuentes. Chi sono gli altri tuoi riferimenti?

Nick Fuentes non è al dire il vero proprio un mio riferimento, ma lo ritengo un opinionista estremamente intelligente che, pur non avendo chissà quali conoscenze, riesce sempre a interpretare i fatti con una veduta HighIQ. È uno dei tanti talenti emersi dalla grande guerra memetica del 2016 e che, a differenza di altri, è stato in grado di sfruttare il successo ottenuto con incredibile maestria, godendo allo stato attuale di un seguito invidiabile.

Una volta ero più variegato nelle mie fonti, guardavo per esempio ai fenomeni politici “alternativi” in Francia, Germania o Polonia, tuttavia sulla lunga distanza mi sono infine reso conto che tutte queste realtà non erano che pallide copie di quanto accadeva oltreoceano, e che dunque tanto valeva limitarsi a parlare di Italia e Stati Uniti.

Non sono filo-americano, ma penso, come insegnava Platone (contro Popper), che solo in una democrazia possano emergere le idee in grado di annullare la democrazia stessa. Del resto, non riesco proprio a indulgere allo snobismo e considerare ogni cosa “a stelle e strisce” come espressione di rozzezza e impulsività.

Se dovessi snocciolare qualche riferimento, sarei costretto a fare nomi verboten come Andrew Anglin, dunque lasciamo perdere. Ciò che davvero mi piacerebbe è poter avere un riferimento italiano, che chiaramente non può essere il network boomerpostante, la legione dei trastatori o qualche ex missino passato al lato oscuro.

Io sono troppo vecchio per reinventarmi streamer (ho addirittura più anni di Progetto Razzia), ma mi piacerebbe almeno fare da eminenza grigia (ovviamente a distanza di sicurezza, senza pied-à-terre, vestaglie di seta e citazioni di Mishima).

Spesso tra il nostro blog/zine e il tuo si trovano molte affinità tematiche. Quali sono per te gli elementi fondamentali per portare avanti in Italia, in Europa, in Occidente, la guerriglia culturale? Secondo te oggi quanto è importante internet come terreno di scontro? A quali autori del passato, a tuo avviso, ci si può ispirare?

La memetica è l’arma più forte.

Con i meme conquisteremo l’universo, tutto diventerà meme (e non mera “informazione”) e non esisteranno più tempo e spazio a limitarci. Al di là però dei progetti per il futuro, penso che un approccio come il vostro sia quello giusto.

Io seguo pochissimo la realtà italiana (e mi rendo conto quanto suoni provinciale tale frase) perché alla fine si finisce sempre a guardare Rete4 completamente ubriachi e a dare ragione a Nicola Porro, Mario Giordano, Paolo Del Debbio e quel supergay superbasato di Roberto Poletti. Con tutto l’affetto possibile non si può formare un Einsatzgruppen solo con tali elementi.

Del resto, non è che il passato pulluli di chissà quali esempi: il Novecentesco, per dire, è una galleria degli orrori. Nel corso dell’intervista ho nominato qualche francese di troppo perché la controrivoluzione ha parlato per secoli quella lingua, ma forse dovrei, o dovremmo, rileggere il Misogallo di Torquato Tasso. Oppure risalire a più addietro, allargare gli orizzonti oltre l’Occidente, fino a ristabilire la cultura italiana come riferimento assoluto.

Spesso ti diletti a raccogliere meme, soprattutto in relazione ad eventi di politica, attualità e boomerz. Qual è secondo te il rapporto fra meme, internet e politica? Dove si vede in questo (da boomer a zostile) la differenza fra la tua generazione e la nostra?

Eheh per carità io mica sono boomer. Sono un MILLENNIALS e sono in grado di riconoscere quanto sia raccapricciante la mia generazione. Infatti non esistono memi millennials, e nemmeno memi sui millennials (se non un paio in cui appaiono con qualche “pelosetto” o indossano una maglietta ispirata a roba di fantascienza).

Siamo rimasti eterni ragazzi, ma a differenza di quelli del 1899 invece di morire in guerra e lasciare – forse – una foto in bianco e nero, abbiamo continuato a esistere, degenerare, ingrassare eccetera.

I nostri meme sono frasi ad effetto tipo: “Voglio un caffè amaro, come la vita”, "Mi compro casa… sui Sims", "Ho bisogno di ferie per riprendermi dalle ferie", "MSN Messenger era il nostro WhatsApp", "No, oggi non esco, ho già il pigiama", “MySpace era il nostro Instagram”, "Invece di andare al funerale di mia nonna sono stato a casa a giocare a Grand Theft Auto", "Pizza, Netflix e copertina: serata perfetta".

Gli Zoomers non so nemmeno chi siano, perché praticamente in giro non ci sono più giovani, se non qualche strano ibrido al quale eviterei comunque di rivolgere la parola (a meno che non mi assuma Mario Giordano come inviato). Sull’estinzione dei giovani italiani ci siamo interrogati troppo poco, eppure il dato ha valenza anche statistica: siamo letteralmente in deficit di Jugend.

Tra le tue capacità migliori c’è quella nell’utilizzo dell’IA per fare canzoni, alcune sono veramente epiche. Qual è la tua opinione sull’IA?

L’intelligenza artificiale è l’arma più forte. Sì, lo so, prima avevo detto la stessa cosa dei meme, ma bisogna anche considerare che con un piccolo aiuto dagli amici umani l’IA riesce a creare tazebao deliziosi.

Comprendo e rispetto qualsiasi pregiudizio luddista o catastrofista, ma non riesco seriamente a sostenere una posizione del tipo “con la tecnologia dovevamo fermarci al 1995”. Per restare in tema, io vedo l’intelligenza artificiale come un mezzo (ancora in fieri) in grado di consentire agli intellettuali italiani de destra di uscire dalla ghettizzazione e dalla cattività in cui sono costretti.

D’altro canto, ormai da tempo l’automazione sta rendendo obsolete centinaia di mansioni, ed è giusto che anche i cosiddetti “lavoratori cognitivi” paghino gli effetti di tale svolta epocale. L’importante è che tale tecnologia non finisca nelle mani sbagliate, come accade da qualche secolo a questa parte. Altrimenti persino chi sogna una robowaifu stile Sydney Sweeney si ritroverà costretto a scegliere da un catalogo composto esclusivamente da modelli ispirati a negre obese con i capelli verdi o transessuali con i boccoli.

Vediamo che i boomer sono irrimediabilmente divisi fra chi ha visione apocalittica e chi ha masterato l’uso di queste tecnologie (come te). Da dove deriva questa spaccatura? Come andrà a finire?

Seriamente, chi vi ha detto che sono boomer? Sono nato nel 1985! In ogni caso, la tecnologia evolve anche dal punto di vista della fruibilità: il boomerone più démodé o rimbambito può sempre affidarsi agli amici robot anche in vesti di avveniristiche badanti.

Come nativo digitale, talvolta cerco di comprendere le difficoltà delle generazioni precedenti (definite amichevolmente con l’acronimo VDM, che sta per Vegliardi Davvero Mitici) e non nego di presentire una qualche angoscia al pensiero che un bel giorno dovrò chiedere aiuto a un giovinastro ingrato e maleducato per trasferire la mia memoria su un hard disk esterno nella prospettiva di un ciclo millenario di clonazioni.

Opinioni sul Mattonismo: ti identifichi in questo movimento? Su quale base si fonda il Mattone a parere tuo? Secondo te dobbiamo “trastare” oppure no?

No, non riesco a identificarmi perché non penso sia un movimento ma una trollata ben riuscita. Non ho mai messo un mattone accanto al mio nickname neppure nel siglo de oro della tendenza, anche se ovviamente sento una sintonia profonda con questa fazione memetica.

Se posso però dare una mia opinione scanzonata in base alla mia esperienza, senza voler ovviamente mancare di rispetto a nessuno, mi pare che il “mattone” sia proprio una reazione della bolla di Twitter all’aver trastato determinate proposte politiche: essendo arrivato “ufficialmente” su quel social solo nel 2019 inoltrato e avendolo iniziato a usare “come si deve” solo nel periodo pandemico, ho potuto rendermi conto di come lo shitposting all’amatriciana e il “rompere l’internet” fosse un’espressione di disillusione al cospetto di personaggi ambigui che promettevano rivoluzioni epocali una volta conquistato el cadreghin (uso volutamente un lessico paraleghista).

Io non ho mai trastato nessuno, dunque non sento il bisogno di “iscrivermi ai terroristi” per esprimere il mio malcontento. Probabilmente – che Dio mi perdoni – all’epoca non avrei trastato nemmeno Sua Eccellenza il cavalier Benito Mussolini (per non dire di altri). Dipende però anche da chi si trasta: come diceva Heidegger (o chi per esso), “chi troppo in alto trasta cade sovente”, quindi alla fine rivolgersi ad opzioni come Parco Mizzo o il Motoristé sobě di Filip Turek (che comunque è arrivato all’Europarlamento) è un efficacissimo modo per copare (in senso memetico e non veneto). Come sostiene un vecchio adagio millennial:

“Vivi senza speranza, e tutto quello che accadrà sarà una sorpresa infinita”.

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