Quando un uomo si trova posto tra scegliere un lavoro sfruttatorio
, in un luogo sfruttatoio, e si sente poco (s)fruttante, la sua mente va subito all’ideale del Waldgänger, dei vari briganti calabri, dei vari romantici viaggiatori, e soprattutto:
Vorrebbe unirsi al barbone che gira con dieci crocifissi, biglietti dove esclama che la CIA/Mossad lo controlla, e un bel po’ di odori molesti. Ma almeno: è più libero di noi.
Lavoro dieci ore al giorno, Mi faccio il c**o e a casa ritorno, E i miei figli mi chiedono: “Come stai, pa’?”, E io: “Abbastanza bene”, Perché sono nati dal mio p**e.
Luca Mangoni degli Elii, Risposta dell’Architetto, un brano che testimonia tutto, profetizza e iperstiziona il futuro barbonaggio di noi, classe poco agiata.
Insomma, alla fin fine, detto tra noi, il mondo moderno logora, soprattutto chi non ha libertà assoluta di fregarsene, ma anche le cose più umane – termine di merda eh – nascondono roba terribile. Stando sul vago: mai pensato a quanto la S O C I E T À
dica: il mondo del lavoro, il mondo di Infojobs, Adecco, LinkedIn, robbe societarie, un sacco di fatica a trovare lavoro, HR dissipati che ti dicono: vieni qua, ti faccio vedere come fare il curriculum.
Poi te smatti, ma io ho già fatto il curriculum, io sei (6) ore di lezione per fare curriculum non le faccio, poi il lavoro l’ho trovato.
E loro rispondono:
Ok, ma cosa se ne cercassi un altro ancora?
Te rimani spiazzato, allora…
… avevano ragione…!
E in quel momento, adagio a adagio, ti vengono in mente quei due (2) euro dati al barbone.
Con due euro, la monetina argento-oro, lui potrebbe sbancare
, andare a bersi una boccia di Tavernello e chiamarla giornata. O meglio, aspettare un altro mammalucco, e prenderne cinque. Un pacchetto di sigarette, fanculo le accise, il barbone sa benissimo che quelle più forti sono le meno inflazionate, specie se togli il filtro.
E forse, si fa pure un pisolino, mentre barboneggia, costante e impellente, pisciando qua e là
, calciando piccioni, aborrendo la noia in una biblioteca, o con altri senza-tetto-barboni-supremi.
Insomma, il barbone rimane più libero di noi.
Diciamo le cose come stanno, chi va in università è borghese.
Ma quella piccola neh, quella proprio minuscola, tra l’Assoluto Stato della Repubblica Italiana
e Blackrock, Amazon, Meta, Tesla, insomma: siamo poveri dentro.
Noi vogliamo pagare poco, avere tanto, se solo ce ne fregassimo delle apparenze… una risata con gli amici… un po’ di Negroni, magari guardandoli in stazione, sperando, almeno che non ci portino via le scarpe.
MA (ANONIMO MILANESE) ASPETTA UN SECONDO, TE COMUNQUE NON LA RACCONTI GIUSTA, CAZZO, BASTARDO MALEDETTO: LORO NON SONO COSÌ LIBERI.
Io direi, vi faccio tre esempi: uno religioso, l’altro un filosofo anarchico, l’ultimo, beh, lo scemo del villaggio delle mie parti.
Tutti e tre gli esempi sono barbone-pillato, -maxxato, -drippato.
San Francesco, Santa Xenia, il barbonaggio celeste.
San Francesco era un nobile, un po’ alla qualunque, che un giorno si sveglia, prende, si sveste, gira nudo per Assisi e annuncia che la sua vita, fatta di guerra e commercio, è uno schifo e che si darà a fare del bene al prossimo suo.
Il mondo dell’epoca medioevale, abituato com’era a vedere simili matti totali, lo accolse come un: dai, Fra, almeno pensa ai tuoi genitori.
Lui letteralmente fece bye bye, portando il dito alla mascella, e andò a fondare l’Ordine dei Frati Minori (Francescani), e oggi ancora esistono e resistono, anche se variati e avariati nel corso della storia, come tutte le figate.
Pensate anche a San Gerardo dei Tintori, che diede tutto ai poveri e diventò anche lui un povero mendicante, aiutando a Monza in uno dei primissimi pronti soccorso e ospedali della Brianza; ai monaci del deserto del Sinai, la maggior parte santi potentissimi, che si erano così ancorati all’idea di folleggiare in Cristo che ormai la città, pagana e corrotta, non poteva dargli quel che volevano veramente, Sant’Antonio il Grande visse così efficacemente questo passaggio all’eremitaggio che fondò il concetto di monachesimo.
Alla fine, nel Sinai, vi erano così tanti monaci (si parla sulle decine di migliaia) che fondarono città, monasteri e vissero così tranquilli, che quasi quasi lo faccio pure io a Besana Brianza.
Santa Xenia invece era anch’ella nobile, siamo nel 1700, russa e aristocratica
, un giorno le morì il marito, secondo molti impazzì, per noi invece semplicemente si svegliò: prese la divisa militare del marito, iniziò a vagare per San Pietroburgo e tirò avanti a miracoli, benedizioni, aiutando il prossimo e vivendo di tre cose: Eucaristia, acqua santa e preghiere.
Santificata e adorata dai cristiani ortodossi come patrona di chi cerca moglie e lavoro, venne ricordata come una Folle in Cristo, rassomigliando Santa Maria Egiziaca e, per gli occidentali, Santa Caterina da Siena.
Alla fin fine, uno dei motivi per dire: BASTA LEGGE DELL’UOMO, IO DIVENTO INGOVERNABILE, è proprio la Fede religiosa.
Capire che questo mondo non solo è pieno di illusioni, ma retto da una cricchetta di pedofili satanisti, beh, io con dei satanisti pedofili non ci voglio stare… quindi barbonaggio sia.
Barbone Anarco-Zen, Jun Tsuji
Un giorno un uomo si sveglia, dice, ho letto abbastanza di buddhismo e Max Stirner, devo diventare così folle e indisponibile che di sicuro, vivendo di emozioni e elemosine, riuscirò a campare e dare il buon esempio, o minimo: fare quello per cui sono portato.
Il suo nome era Jun Tsuji.
L'idea che la filosofia e l'arte siano superflue per la vita umana non è diversa dall'idea che il tabacco e gli alcolici siano superflui. Se portiamo all'estremo l'argomentazione del necessario e del non necessario, potremmo persino dire che la vita umana stessa è superflua.
Per cosa viviamo?
È per lo Stato?
Per i nostri genitori?
Per amare le donne?
Per la liberazione del proletariato?
Per l'arte?
Alcolici?
Per i capitalisti?
Esistono innumerevoli obiettivi per cui vivere. Ma non dobbiamo vivere solo per le nostre pulsioni egoistiche.
Jun Tsuji, Teoria dell’Ego Illusorio, ultima parte di quelle 10 paginette.
In effetti, essere un uomo che ha girato fino all’anzianità coperto di stracci, dispensando massime anarco-zen e suonando il piffero, non è così male. Se pensate che a un certo punto Tsuji si buttò, piena psicosi delirante, dal secondo piano urlando: SONO UN TENGU!
, ecco: quella è ovviamente la libertà che chiama.
Tre personaggi in cerca di Autore
A Muggiò ci sono tre schizofrenici, forse quattro, sono tutti e tre dei perfetti barboni. Io vorrei immortalarli in questo pezzo, nero su bianco, e vorrei raccontarveli.
Uno di loro lo chiamiamo tutti il Fontolan, cognome veneto di cui condivide due cose: lo sproloquio e l’alcolismo. Si narra, parole del volgo, che venne tradito dalla moglie, e scoprendola a letto, fece un casino, dopo un periodo in gattabuia, tornò e chiamò ogni singola persona: cornuto.
Vaga per Muggiò a bordo di una bici comunale rubata a Milano, forse a Sesto, boh, la ruba una volta all’anno, quando si rompe, quando la requisisce la municipale o quando gliela rubano. Una volta mi ha chiesto di comprargli una briosche alla Crai, cosa che feci, e mi diede del cornuto.
Mi sento onorato da quel giorno.
Il secondo beve e basta, lo vedo sempre in piazza, storto, stortissimo. E lui si chiama Michele, Michelino forse, ma è enorme, obeso e spallatissimo, non fa altro che starsene calmo a osservare i passanti. Lui è la persona più calma che conosca. Più volte sono rincasato tardi la sera per trovarlo ubriaco in piazza, ma comunque completamente innocente.
Non so la sua storia, ma quella pace è il motivo per cui Muggiò non è ancora esplosa.
Il terzo è uno schizofrenico di settant’anni che dice solo: sono pazzo, matto, sono pazzo, matto.
Fedeltà a una parola: follia. Lui non cambia il mantra, continua imperterrito e so che anche in punto di morte, con l’ultimo respiro, terrà fede alla parola data.
Sono pazzo, matto, sono pazzo, matto.
Follia e barboni vanno a braccetto, non serve molto per accorgersi che una volta che l’Assoluto Stato emette la sentenza psichiatrica le cose son due: vivere in una clinica psichiatrica (leggasi manicomio) o errare, senza farmaci e supporto, a vivere liberi finché non si verrà presi in pieno da un treno, auto o cingolato.
Al che, con l’ultimo respiro, si spirerà liberi.
Manifesto futuro del barbone che sono:
Io (Anonimo Milanese) farò una promessa, se il culo non arriva, quindi fortuna + gloria eterna, potete benissimo darmi per barbone. Vagherò per le varie città dispensando consigli in cambio di un euro, per un solo euro (1€) che mi permetterà di comprarmi un cartone di San Crispino, e diventare perciò ancora più saggio e ben disposto.
Girerò con una tenda, una bicicletta elettrica (non pagherò mai la benzina, ma per inquinare sono disposto a lanciare dieci batterie d’auto nel Seveso), e una Bibbia. Ho tutto in soffitta, cosa che fa un po’ foreshadowing del mio futuro se le cose si dovessero mettere male per la famiglia Milanese.
Ma va bene così.
Non serve arrivare alla pensione, che vedremo… nel… spe che calcolo, ah no vero, servono soldi per calcolare quando riceverò dei soldi, grazie Assoluto Stato.
Insomma, arrivare in pensione non mi è concesso, rimango a pensare, che è successo?
Forse abbiamo pagato troppe babypensioni, forse non rimane che accontentarsi di un lavoro e il privilegio, tutto nordico, di farsi un fondo pensionistico privato, e via via aspettare quando finalmente avremo abbastanza da farci dire: basta, mollo tutto e vado alle Canarie.
Ma quel giorno sarà fin troppo tardi.
Fin troppo tardi per reclamare il diritto al barbonaggio, unico garante della costituzione insulsa dei paesi di ogni provincia dell’Assoluto Stato. Molti di voi vivono in provincia (abbiamo dati, le fonti a confermarlo) e pensiamo che sia il momento giusto di indire una #challenge
:
Portate al bar il vostro barbone di fiducia!
Prendete il vostro Fontolan/Michelino/SonoPazzo e offritegli il bianchino, poi fatevi una sbronza e fategli raccontare come ci è finito, e soprattutto: se si unirebbe a voi per una cospirazione contro il comune municipale.