Ci sono arrivate per email, senza preavviso, senza firma, come un sibilo in una notte troppo lunga. Due poesie, due elegie
che gridano di un cuore straziato, di mani tese verso un senso che sembra sfuggire sempre più. Abbiamo scelto questo titolo perché racchiude il precipizio su cui si muovono: un collasso intimo, perciò universale
, in cui il tempo implode e lascia solo frammenti di rime e ombre.
1.
Fanculo ai reazionari
Nel palmo ho una terra morta
In bocca ho una rima non mia:
La seconda è per te, incerto amore mio
La prima è per voi, rotondeggianti porcelli:
Con elezioni e legge di bilancio
scandite il mio molle cuore adulto,
o, civilmente,
riaccoglietemi divorziato
Nelle pause, poi, per tenermi allegro,
Io, per me, troverò un senso:
ho pensato a una morte tra cent’anni
e a una notte senza sogni
per non sentir l'infarto.
Però non voglio tra le labbra
non voglio sul mio braccio
non voglio nel tuo grembo
le loro tempeste d’acciaio;
voglio far sparire la luna
quando mi si infila dentro agli occhi:
mi dà fastidio che nel tuo viso
io possa ancora veder le ombre
2.
Pochi pensieri
Si posano dolci sul letto rifatto
Sopiti dal fuoco
L’incanto del poco e la vita nel fiato
Scivola il sogno
Di tanti ricordi divenuti segreto
Raccontano i sogni ai pochi pensieri
Giorni in cui le mani languivano al seno
Vento di vite che baciate tra gli occhi
Spiravano mute come giovani vecchi
Caro passato
Ideali sconfitti da grigi processi
Sepolti in tombe di carta stampata
Alle intenzioni, gridavano, nuovi modelli
Scordai quanto era bella la tua parte amara
E nell’ultimo sogno di una vita dolce
All’ultima curva di un agognato per sempre
Cadde la mia lacrima di vecchio morente