La Playlist New Jazz che gira in sottofondo in questo piovoso pomeriggio d’estate mi causa uno strano stato nostalgico: Nostalgia di un’epoca, l’Italia degli anni ‘80 e ’90, mai vissuta, di cose mai fatte (che forse non farò mai), filtrate da foto di famiglia, di gite fuori porta, della prima macchina di mio padre (A112 Abarth, 1 L di olio ogni 2000 km, praticamente un due tempi), filtrate da video amatoriali su youtube, di rally LANCIA vs AUDI, Delta S4 vs 205 T16, di Toyota vs Subaru vs Ford, del Parma della Coppa UEFA anche se in famiglia si è sempre tifato Juve, della livrea verde acqua-viola-fucsia delle tute da sci, di Tomba la bomba, della naja obbligatoria, della nebbia in val Padana, delle estati al mare di quelli che volevano andare ad Alghero, delle pennette panna e salmone.
Delle cipolline peperlizia Ponti
Insomma, strana nostalgia, un calderone di cose che non c’entrano nulla l’una con l’altra ma che in qualche maniera hanno plasmato il mio immaginario su quegli anni.
In realtà la vita in Italia era sempre la stessa anche negli anni ‘80 e ‘90, inutile ricamarci intorno: ti svegliavi, maledivi il capo, facevi colazione, montavi in macchina e ti chiudevi in un capannone per 8 ore, uscivi e tornavi a casa. Più o meno questa era la routine. Magari la domenica le chiese erano piene,
la nazionale giocava meglio, IL CALCIO era lo sport nazionale per davvero e c’era gusto a guardare la serie A
.
Ma francamente, chissenefotte.
Ma che bisogna c’era di scrivere questo articolo? L’idea mi è venuta dopo essermi imbattuto in un post LinkedIn di un boomerone che rimpiangeva fantomatiche estati degli anni ‘70, quando l’Italia era la quarta potenza mondiale, le città in estate si svuotavano e per tre mesi tutti stavano nella loro villetta al mare, perdendo di vista gli amici del quartiere, quando anche un operaio poteva permettersi la casa, la macchina, i figli, le ferie.
Nostalgia di Fantozzi.
Quel post mi ha cringiato, evidentemente era un post da pagina paginaccia FB del tipo “Noi che siamo nati negli anni ‘60”. Anzitutto negli anni ‘70 l’Italia non era la quarta potenza mondiale, lo è stata dopo, a metà anni ‘80, e questo è il primo rischio che si corre quando si idealizza il passato: si fa un bel minestrone dei periodi storici, trasformando gli anni ‘70 - anni di crisi petrolifera e di targhe alterne la domenica a causa dell’austerity - in anni d’oro.
Dopodichè, la mia famiglia non ha mai avuto una villetta al mare e mi sono chiesto se mai l’avesse avuta ma sospettando già la risposta: no. Chiedendo a mia madre se fosse mai andata a fare le ferie al mare in estate coi nonni la risposta è stata: “no, no l’era schei”
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Mi è bastato.
Non credo che la mia famiglia fosse molto diversa dalle altre famiglie operaie, checchè ne dica la nostalgia di un boomerone per un’epoca mai esistita che s’illude di aver vissuto.
Su una cosa però aveva mezza ragione: gli operai facevano figli, compravano casa e macchina. Ma anche qui, non illudiamoci, non erano strapagati, altrimenti non sarebbero scesi in piazza nel ‘69 e poi durante gli anni ‘70… Semplicemente, lo volevano. E sfido qualsiasi soyboy che si sputtana il pur modesto stipendio in gintonic strapagati e viaggi (che gli operai degli anni ’70 non hanno probabilmente mai fatto prima della pensione) a sostenere che il suo stipendio è più basso di quello di un operaio degli anni ‘70 o di un albanese che vive in Italia e che a venticinque anni ha già casa, moglie, due figli e Mercedes di terza mano in giardino (i nuovi italiani?). Non scherziamo…
Ma questo è un discorso a parte.
Tornando a noi, tu che mi leggi vivi nel presente ma hai nostalgia per un’epoca che boh, sembra migliore… Ma andresti a fare la naja? Apprezzi le fike pelose? Io sì. Ma non per questo ho nostalgia per quegli anni.
Questo scrivo mentre ascolto la mia bella playlist New Jazz su YT. D’altronde il gioco è sottile, sembra un film erotico, voyeurismo puro: vorrei ma non posso, godo nell’intravvedere ciò che mi è proibito.
Al di fuori del voyeurismo certa roba non esiste e non è mai esistita, la nostalgia si rivela anzi idiozia pura. Negli anni ‘80-’90 non avrei mai scritto per il Blast. Magari avrei potuto comprarmi un vignetino di Prosecco in riva a Conegliano a un prezzo ridicolo, ma chi se lo immaginava che poi sarebbe esplosa su scala planetaria la passione per lo spumante Trevigiano?
Del senno di poi sono piene le fosse.
Insomma, con l’inettitudine che caratterizza il giovane nostalgico come il boomerone, non si va da nessuna parte, non si combina nulla. I vecchi, pazienza, il loro lo hanno già fatto e possono permettersi la nostalgia da minestrone, ma il giovane nostalgico no e forse da vecchio avrà nostalgia mista a rimpianto della gioventù andata avendo nostalgia di epoche mai vissute.
Io sono razza Piave. Ciò in qualche misura mi mette al sicuro da certe sviste, da certe inettitudini, da certi tentennamenti. Il rischio tutt’al più è voler far troppo e bruciarsi presto… ma è un rischio da correre quando si vuole combinare qualcosa. Insomma, in questa concezione della vita e del lavoro non c’è spazio per la nostalgia.
Ma non fraintendere queste poche righe, non è un articolo su di me, eminenza oscura che scrive sotto pseudonimo; per quanto ne sai potrei essere un attivista queer che scrive da Barletta.
A questo punto ti sarai reso conto che hai travisato il titolo dell’articolo.
ITALIA 8090.
Superiamo la nostalgia per le epoche arcaiche,
acceleriamo,
bruciamo,
ALPINEGGIAMO.
Quanto abbiamo sottovalutato l’Alpe e l’Appennino? Possiamo avere nostalgia per quel passato?
Io dico di no.
Ma non per questo dobbiamo viverli con una nostalgia ancora più arcaica per epoche ancora più lontane.
L’Ottomilanovanta, un anno talmente lontano che non possiamo immaginare, se tutto va bene la pianura padana sarà sott’acqua e il Vesuvio avrà distrutto Napoli. Ma non per questo dovremmo disperare. L’importante non è l’arrivo ma il viaggio, e spero proprio che arriveremo a quella data con la pianura coltivata a riso, soia e mais OGM, con le centrali nucleari al posto dei ghiacciai alpini, le SIM rigorosamente no-KYC, il secondario che spinge coi microprocessori più di Taiwan, l’automotive dimenticato a favore di nuove marche e nuovi prototipi di idrovolanti, ideali per atterrare a Belluno ed Aosta nel frattempo elette a capitali di un nuovo Umanesimo.
Questa visione nasce vecchia perché abbiamo un grosso limite: possiamo infuturarci ma solo fino a un certo punto. Questa schizo-teoria è forse fine a sé stessa, ma spiega in soldoni dove vogliamo andare.
Ci ripieghiamo sulle processioni delle madonne e non costruiamo reattori nucleari?
Vogliamo contrastare un surriscaldamento globale incontrastabile e non vogliamo le piantagioni di caffè nei castelli romani?
VOGLIAMO CRESCERE VECCHI O FIGLIARE GIOVANI?
TU, che vieni targhettizzato da un algoritmo ogni volta che apri instagram o tiktok per guardarti i video del dottor Bavaro; TU, che pensi sia utile dedicare 5 anni almeno all’Università per poi scoprire che mancano saldatori, giardinieri, caldaisti, muratori e camionisti, e, pertanto, vengono pagati meglio (molto meglio) di uno scaldabanco laureato; TU, che a venticinque anni ti senti ancora il ragazzino di 16 e tutto sommato l’oretta di FIFA giornaliera non te la toglie nessuno; TU che ti senti oppresso dalla società ma che non sei disposto a mandare a fare in culo il datore di lavoro lo schiavista che ti ha messo in tirocinio post-laurea a 500 euro al mese; TU, che ti lamenti dei prezzi ma il gintonic a 10 euro te lo ciucci comunque… TU prima di tutto, prima di tutti, non puoi permetterti di rifugiarti in un passato ideale che non è mai esistito.
ACCELERA!
REAGISCI!
(Proprio come ha fatto il dottor Bavaro)