Un anno fa un rave è finito male ed ha innescato un genocidio: una trama semplice ma d’effetto. È per questo che anche l’ennesima stagione del conflitto in Medio Oriente è riuscita a coinvolgere non solo i fan di lunga data ma anche a guadagnarne di nuovi, come dimostra anche la piazza romana di un paio di giorni fa, incattivita ed appassionata come non si vedeva da tempo.
Grande merito va dato anche agli attori secondari, che nel corso dell’ultimo anno sono riusciti ad assumere rilevanze con interpretazioni profonde e complete. Ottimo ad esempio l’intervento degli Houthi dallo Yemen
, assoluti underdog, con le loro giocate piratesche che qui al Blast non abbiamo ovviamente potuto non apprezzare hanno introdotto una dimensione marina che nella saga era sempre stata minoritaria; grande ritorno di Hezbollah, che pur avendo ormai acquisito in Libano una rilevanza istituzionale, non smette di essere una spina nel fianco sul fronte settentrionale con i tradizionali metodi guerriglieri; e soprattutto, una lode agli amici della Repubblica Islamica dell’Iran
, vera linea comica del conflitto: potremmo dire dei Dottor Doofenshmirtz del Medio Oriente.
Paese guida delle forze del male, nonostante sia anche il più culturalmente dissimile (sciiti, non arabofoni) tra i vari paesi islamici, quest’anno l’Iran ha assunto un ruolo da vero mattatore. Straordinari quei momenti in cui la guida suprema (o il presidente o non ne ho idea, l’architettura costituzionale iraniana è una cosa folle) tutta intabarrata, con una barba che lo fa sembrare grottescamente più vecchio di quel che è, fa il discorsone epico da villain tipo:
“La maledizione di Allah si scaglierà sui nemici dell’Islam con tutta la sua forza, distruggerà tutto, farà un macello guarda, vi facciamo il culo come un secchio, una roba atroce, non vi potete immaginare”
poi lancia i missili e fa zero vittime. Neanche un paio di civili per sbaglio.

È successo in almeno un paio di occasioni nell’ultimo anno e ricordo che in entrambe sono in camera mia, mio padre mi telefona per dirmi di andare a vedere la televisione con lui perché sta succedendo una cosa pazzesca, la guerra vera. Io penso di vedermi apparire il faccione da clown cattivo di Crosetto che avverte di ritirarsi nelle metropolitane per sfuggire ai bombardamenti
e invece stanno bombardando Israele. Si vede che mio padre non conosce la trama: in questi casi interviene l’Iron Dome, arma segreta dei buoni che così vincono. Tra l’altro Iron Dome, veramente gran nome, mi dà le stesse vibes del Megazord dei Power Rangers, che salta fuori quando stanno per perdere: arriva e noi spettatori bambinetti sul divano ci gasiamo come degli etiopi mentre spana l’ano al cattivo di turno.
Certo, va detto, la trama è ormai un po’ ripetitiva. Alla lunga i buoni rompono i coglioni
e Israele è stato buono per troppo tempo, tanto da fare il giro e diventare il cattivo.
È tipo Topolino che è talmente amico delle guardie che a un certo punto speri quasi che Gambadilegno riesca a fuggirsene col malloppo una volta tanto.
E qui sta il nodo di questo conflitto. Perché se militarmente parlando non c’è un altro fronte in cui l’occidente sia tanto superiore, tuttavia è qui che sta cadendo internamente. La propaganda è fortissima, ma non abbastanza da coprire un numero di morti civili di queste proporzioni. Mettici poi la vicinanza storica di una bella fetta della politica italiana con la causa palestinese ed il gioco è fatto.
Lo scorso sabato a Roma è tornata una vera piazza incazzata con scontri veri.
E possiamo essere certi che siano veri proprio perché, a differenza degli studenti di Pisa alcuni mesi fa, nessuno ne parla. Ne parla chi era presente, circolano illazioni sui provocatori, i black bloc, qualcuno nega ogni insinuazione perché servirebbe a delegittimare la piazza
. Insomma non se ne parla, ma se ne sussurra solo. I media pochissimo, tra l’altro.
Gli esponenti dei partiti ancor meno, nessuno prova a strumentalizzare gli eventi per fare opposizione, perché quella era veramente la protesta dei cattivi.
Sulla Palestina sta rinascendo finalmente una sana voglia di rivincita contro l’occidente in decadenza.
Fare! Per accelerare il declino.
Il Medio Oriente è sempre la solita solfa, è vero, tuttavia il conflitto è invecchiato bene. Non è scontata tutta questa attenzione ancora dopo un anno. L’infotainment sull’Ucraina dopo un anno era già una noia mortale. Su Israele e Palestina invece si è creata una legacy forte, che fa funzionare il prodotto anche a distanza.
Il comunicato di lancio della manifestazione del 5 ottobre diceva coraggiosamente che il 7 ottobre dell’anno scorso è iniziata una rivoluzione. Non so se è vero.
Ma se lo è, è iniziata a Gaza ma si compirà in Europa.