Teresa Mannino, nota ai boomer per essere la mezza bona di Zelig, è salita sul palco dell’Ariston a sparare un po’ di stronzate.
Su questo saremmo tutti d’accordo alla fine di questo articolo. Fatto sta che il suo monologo perbenista non è argomento di discussione: l’uomo bianco è effettivamente brutto, cattivo e privilegiato dalla società patriarcale, su questo non c’è discussione.
Mannino a parte, il metafestival della non-canzone italiana si è sempre portato dietro polemiche di vario genere e, negli ultimi anni, la tendenza è andata aumentando: sembra quasi vadano in cerca delle polemiche.
Presumo sia un sistema per bilanciare la vuotezza dei contenuti e l’assenza di canzoni che si possano definire tali.
In conferenza stampa, parlando di quel basato di John Travolta che si è presentato sul palco con le scarpe antinfortunistiche (come un vero operaio) e pelato (come Marco Rizzo, unico vero compagno), Teresa Mannino ha espresso una teoria alquanto interessante. Non sapendo riassumere meglio di lei il concetto, vi lascio al video:
In un momento di lucida presa di coscienza (o forse colpita dal detective Conan che parlava al posto suo), Teresa Mannino, ha riassunto in soldoni la situazione del popolo italiano:
Siamo una colonia americana.
Una constatazione pesante con una prosa quasi verghiana: i giornalisti non se lo aspettavano, fin prima si parlava delle scarpe di John Travolta e di altre cazzate come patriarcato e ambientalismo, ora si trattava di geopolitica.
L’inatteso salto di qualità della discussione ha lasciato tutti i presenti sbigottiti, compreso Amadeus, che comunque è meglio sia stato zitto poiché ricco maschio bianco etero (forse)
La Mannino è andata avanti nell’imbarazzo generale ma alla fine non è riuscita a spiegarsi troppo bene. Alla sua constatazione le risposte possono essere tre:
- “
Non siamo una colonia americana
“ - “
Siamo una colonia americana e non va bene
“ - “
Siamo una colonia americana e ci piace
“
La prima denota una persona progressista e per nulla incline all’elucubrazione di teorie complottistiche (o quelle nel gergo sono bollate così), è d’accordo con l’affermazione “gli americani ci hanno parato il culo e grazie a loro viviamo in una società evoluta
“.
Ovviamente sostiene la necessità di finanziare gli armamenti all’Ucraina, e di appoggiare Israele. Nel political compass è nei quadranti “liberal
“, right o left non ha importanza, comunque è poco incline a estremismi per cui non si avvicina agli angoli esterni dei due quadranti.
Sicuramente questa posizione è in contrasto con quella della Mannino.
La seconda denota una persona incline a teorie (sempre nel gergo) definite complottiste, qui non c’è via di mezzo, le possibilità di voto sono in tutto tre:
Ha votato Meloni perché scontento della Lega e è ancora scontento a causa dell’atlantismo meloniano; ha votato Rizzo o Potere al Popolo, posizioni diametralmente opposte pur stando all’estrema sinistra.
Le simpatie anti-Israele e anti-Ucraina qui si sprecano, è contrario ideologicamente alla Nato e ha la bandiera della Palestina sul balcone di casa. Naturalmente è sul quadrante rosso del politcal compass e sul bordo vicino al blu (non essendo per l’assoluta libertà economica, anche chi ha votato Meloni finisce lì a metà via tra il comunismo e Carlo Magno)
L’ultima è una persona non necessariamente progressista, è a favore della libertà economica sfrenata
, crede che gli Stati Uniti siano quelli del boom economico degli anni ’50/’60.
Reputa l’Italia quello che è: una colonia americana. Storicamente vede l’Italia Unita per quello che è stata: uno stato voluto dagli inglesi per avere un partner allineato sul Mediterraneo; adotterebbe il dollaro come moneta a corso legale.
Visto il suo scarso sentimento patriottico, non credendo che l’Italia possa ritagliarsi un qualche spazio, si è arreso all’individualismo più bieco: per questo è nell’angolo più estremo del quadrante giallo. Sicuramente evade il fisco.
Chi non è per la seconda, forse è per la prima ma spesso valuta la terza.
Ora, escludendo chiaramente la prima ipotesi, dalle sue parole la Mannino sembra arresa al fatto compiuto: forse in gioventù simpatizzava per la seconda ma ora l’idealismo ha lasciato il posto al disincanto; sicuramente porta per la terza.
E in questa scelta si conferma un outsider: molto spesso chi è d’accordo con la terza vira sulla prima per non giustificare la seconda: effettivamente in una discussione parrebbe controproducente dare ragione ai comunisti per l'affermazione "siamo una colonia americana" e allora si preferisce andare subito in disaccordo.
Ma dal video si capisce che la Mannino ha avuto un moto indipendente, incontrollabile e più forte di lei, la rabbia verso il parlare a vanvera dei giornalisti – che portano palesemente per la prima – è irrazionale e non c’è comprensione: bisognava andare subito in contrasto e prendere una posizione forte.
Il passatismo dell’Italia, questa peculiare condizione che non ci fa andare né avanti né indietro, con un perpetuo presente che ripropone ogni giorno la brutta copia di sé stesso, questa condizione, dicevamo, è insostenibile come le affermazioni della Mannino agli occhi della direzione Rai (ziopera ho pensato, ora la suicidano), come i monologhi di Sanremo, come questa frase fin troppo lunga.
Il tono con cui recita la sua litania, il disincanto nella voce:
Forse la Mannino pensava a questo.
All’improvviso i ricordi sembrano riaffiorare, la gioventù e il tempo passato, i successi di Zelig, i soldi, il patriarcato, John Travolta e Claudio Bisio, da un angolo remoto riaffiorano le parole di una canzone:
È stato un tempo il mondo giovane e forte, sorride confidente il giovane guerriero in una vecchia foto tra le mani una treccia ora, cranio rasato, celebra la sua prima sconfitta. Prezioso il luogo, il tempo dovuto al silenzio. Qua, ora, io taccio. - Del Mondo, C.S.I.