“Io sono per il mantenimento anche della mafia e della Ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate” – Gianfranco Miglio
“La mafia è italiana, mettetevelo bene dentro la zucchetta. La mafia è familismo amorale italiano, nella specificità siciliana. La mafia è l’essenza della Sicilia e Andreotti aveva in Sicilia una sua colonia veniale. C’è una mafia corleonese militarista, che uccide i magistrati e c’è una mafia, non buona, che è il portato di secoli di sicilianismo particolare. È una mafia che ha convissuto coi cardinali, gli arcivescovi di Palermo, coi preti, parroci, con i sindaci e con l’esercito americano che ha liberato l’Italia. Quindi, la mafia è un grande potere sociale in quell’isola maledetta. Il potere in fondo è così, non è mica un posto per educande”. – Giuliano Ferrara
“È facile accusare il popolo di diserzione quando non va ai convegni, com’è successo qui. Ma chi è il cittadino? Il cittadino è colui che cura i propri affari: il negoziante deve vendere, il poeta comporre, l’impiegato… Lasciamo perdere il cittadino, che fa quel che deve fare. La gente deve lavorare, non si può pensare che ogni giorno sia domenica, che sia sempre la giornata dei buoni sentimenti. Io, se mi viene da scrivere, devo scrivere, non posso andarmene in giro a gridare “abbasso la mafia”. Come se poi una manifestazione avesse il potere magico di risolvere il problema”. – Manlio Sgalambro
“Noi abbiamo un credo politico: lotta senza remore contro la mafia, la Ndrangheta, la droga, le puttane, i culattoni”. – Giancarlo Gentilini
Hanno tutti un fondamento di verità. Sì, ciascuno dei quattro, nonostante le loro prospettive delineino percorsi distinti.
Quest’oggi si parla di mafia. Per chi non ha ancora capito cosa sia, la mafia è comunemente definita come un’organizzazione criminale segnata da pratiche violente, legge del silenzio, estorsioni, cerimonie di affiliazione correlate a narrazioni mitologiche.
La sua natura e le sue attività variano in base al contesto geografico e culturale dei suoi membri.
Avete visto il film “Belluscone. Una storia siciliana”? Ok, lo so, non avete guardato un cazzo di nulla.
Se vi siete persi qualcosa, recuperate l’articolo nel quale recensiamo il film; lì spieghiamo tutto, tranquilli.
Nel 2019 è uscito nelle sale “La mafia non è più quella di una volta”, sequel di “Belluscone”, sempre con la regia di Franco Maresco. Questa volta, il cineasta palermitano si sofferma sul 25° anniversario delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, che hanno tolto la vita a Falcone e Borsellino, commemorate dallo Stato come da Ciccio Mira.
Mira? Quel Ciccio Mira? Sì, esatto, lo stesso del primo film che rimpiangeva i valori della vecchia mafia, del sacco della “felicissima” Palermo.
Ma che tipo di film sulla mafia è questo? Generalmente, in Italia ci sono stati diversi tipi di film sulla mafia:
- Film d’autore di denuncia politica: Opere come “
Il giorno della civetta
” (1968), “Perché si uccide un magistrato
” (1974) o “La piovra
” (1984), tutte firmate da Damiano Damiani, che non solo riflettono la morale di sinistra dell’epoca ma incarnano anche un impegno civile marcato, pur essendo lo specchio di un tempo ormai passato. - Film di serie B con critica sociale: Registi come Fernando Di Leo, con le sue radici comuniste, hanno utilizzato il genere polar per tessere un sottotesto politico, spesso facendo riferimento a realtà politiche contemporanee, come suggerito dai cognomi dei picciotti in alcuni suoi film, che echeggiano quelli della Democrazia Cristiana siciliana. Il cinema di genere italiano è morto e con esso anche queste opere.
- Film, diciamo ehm… ambigui, di vendetta e ispirati alla sceneggiata napoletana: Mario Merola ha interpretato numerosi ruoli principali in film dove il protagonista, spesso un criminale “buono” locale, cerca vendetta contro mafiosi “cattivi”, spesso allogeni, che hanno commesso atti moralmente riprovevoli, come la vendita di droghe pesanti o omicidi ingiustificati perché commessi contro categorie sociali più deboli. Film come “
Napoli… serenata calibro 9
” (1978) e “Napoli… la camorra sfida, la città risponde
” (1979) sono esemplari in questo genere. Attualmente risulterebbero ufficialmente improponibili, ma il loro spirito permane nei meandri della sottocultura campana di TikTok.
- Film post-Gomorra: Dopo il successo di “
Gomorra
” (2008) di Matteo Garrone, un film acclamato per la sua qualità e la sua critica alla mafia, si è assistito a una proliferazione di sequel e imitazioni che spesso non hanno raggiunto lo stesso livello di profondità o originalità, tendendo verso un mero sfruttamento commerciale. Un fenomeno simile, sebbene in una forma epigonica, si è manifestato con “Suburra
” (2015) - Soliti film: termine ombrello per tutti quei prodotti audiovisivi che, senza alcun tipo di estro, raccontano vicende malavitose con critiche tiepide e impercettibili, perché devono mettere d’accordo tutti gli spettatori, a prescindere dalle loro idee sulla mafia. Purtroppo, sono troppi, la maggioranza, ma confrontandoli col lavoro di Maresco subiscono il ridimensionamento che meritano. L’esempio perfetto è “
La mafia uccide solo d’estate
” (2013), di Pif, pellicola ricca di riconoscimenti per il suo impegno civile, ma detestata da Maresco, in quanto esempio estetico dell’azione politica subordinata agli interessi economici. Quest’ultimo ne “La mafia non è più quella di una volta
” aveva anche inserito degli spezzoni, poi rimossi, di mafiosi che parlavano delle loro serie TV preferite sulla mafia. Le più popolari: “Il capo dei capi
” (2007), “Squadra antimafia
” (2009-2016), “Il cacciatore
” (2018-21), e anche “La mafia uccide solo d’estate
” (2016-18).
“La mafia non è più quella di una volta
” non rientra in nessuna delle categorie. Semmai lo dovessi incasellare, lo farei in una categoria apposita per le bizzarrie e per gli oggetti non identificabili; assieme, per esempio, a “Concetta Licata
” (1994), stramba pellicola pornografica, capostipite di una saga diretta da Mario Salieri, con lunghe sequenze in bianco e nero e attacchi frontali allo stato, per le condizioni carcerarie, e alla violenza malavitosa.
L’ultima fatica di Maresco inizia con una serie di interviste fatte a borgatari che, nella migliore delle ipotesi, hanno un’opinione indifferente nei confronti dei due magistrati uccisi dalla mafia.
“Erano cornuti e sbirri!”
Un palermitano intervistato su Falcone e Borsellino
Di seguito, si introduce Letizia Battaglia
, fotografa che ha condotto una sincera battaglia contro la criminalità organizzata attraverso la sua attività artistica. La sua figura è una sorta di componente razionale che condivide gli ideali di Maresco, ma in maniera ottimistica. Inoltre, viene contrapposta a tutte le attività antimafia più officiose, composte, per esempio, da parate carnevalesche, alle quali i partecipanti sembrano più celebrare Falcone e Borsellino come personaggi pop, piuttosto che per il loro trascorso. Per i manifestanti di tali eventi, spesso non abitanti delle zone con maggior densità di fenomeni mafiosi, non c’è differenza tra i due magistrati e un supereroe o delle celebrità qualsiasi.
Ma fermi tutti, sta arrivando Ciccio Mira a fare un omaggio come si deve ai due uomini di stato. Proprio colui che fa alzare il volume dei suoi spettacoli per coprire i rumori degli spari.
Franco Maresco: Ci troviamo a Brancaccio. Sta cantando Vittorio Ricciardi. Ad un certo punto c’è un conflitto a fuoco e mafiosi. Sfortunatamente cade un carabiniere. Voi che cosa fate? Interrompete?
Ciccio Mira: No, alzano il volume dell’amplificazione.
Sì, esattamente quello che sostiene che Totò Riina non avrebbe potuto far del male neanche a una mosca.
Ciccio Mira: Conosco persone che neanche sono capaci di uccidere una mosca.
Franco Maresco: E Totò Riina?
Ciccio Mira: E lui sarà in questa maniera, pure.
O ancora, se preferite, lo stesso che in “Belluscone” sosteneva che non avrebbe mai fatto nulla a favore della lotta alla criminalità organizzata, siccome non era la sua specialità. Ma adesso dice che “i tempi sono quelli che sono” e quindi anche la mafia ci guadagna.
Ciccio sta preparando una serata speciale allo Z.E.N. di Palermo, per la commemorazione del 25° anniversario delle stragi, nella quale si esibiranno dei neomelodici.
Ma chi si esibirà all’evento di Mira? Abbiamo danzatrici del ventre e cantautori country perché “Borsellino amava divertirsi”, e poi arriva lui: Cristian Miscel. Dimenticatevi di Erik e Ricciardi, le due star del primo film, ora è lui il pupillo di Mira. Cristian è un giovane cantautore neomelodico risvegliato dal coma grazie a Falcone e Borsellino, i quali in un sogno gli hanno detto “alzati e canta
”, e così ha fatto.
Le promesse
nonsono delle migliori:
Franco Maresco: Visto che siamo di fronte al Sacro Monte, se Santa Rosalia ti chiedesse di gridare “No alla mafia”…
Cristian Miscel: Mi spiace per Santa Rosalia perché Santa Rosalia fa miracoli, fa tante cose…
F.M.: Però…
C.M.: …però non lo posso fare.
F. M.: Nemmeno se è Santa Rosalia.
C. M.: No, mi spiace.
F. M.: Santa Rosalia!
C. M.: Mi spiace perché io credo a Gesù, che sono credente. Però non lo posso fare.
F. M.: Senti, allora diciamo un’altra cosa. Se te lo chiedesse Gesù in persona.
C. M.: Mi spiace per Gesù perché Gesù fa tanto per noi… C’è la salute… Però non lo posso fare.
F. M.: Niente?!
C. M.: Niente.
F. M.: Nemmeno se lui ti dice “Grida no alla mafia”?
C. M.: No, non lo posso fare.
F. M.: Senti, saliamo più in alto. Se te lo chiede il Padre Eterno, Dio in persona, “Grida no alla mafia”?
C. M.: Mi spiace, non lo posso fare.
F. M.: Ma dici sul serio?
C. M.: Sì, sì.
F. M.: Niente?!
C. M.: Niente.
F. M.: Ma perché?
C. M.: Perché non lo posso fare.
F. M.: Ma perché?
C. M.: Perché c’ho i miei motivi.
F. M.: Uno qual è?
C. M.: Perché non lo posso fare.
F. M.: Grazie lo stesso. Ciao.
C. M.: Ciao.
Se a questo si aggiunge un personaggio che esce di scena per andare a comunicare con gli alieni e con Mattarella, sicuramente non lui in persona ma chi ne fa le veci, che s’incazza per il film, ecco, non vi resta che vedere come va a finire.
Senza rivelare eccessivamente altri aspetti dell’opera, si può constatare come la festa organizzata allo Z.E.N. riesca a mostrare le figure di Falcone e Borsellino a coloro che sono esclusi dalla maggior parte delle celebrazioni ufficiali, considerati poco fotogenici, “brutti, sporchi e cattivi
”.
Maresco supera il contesto berlusconiano del suo primo lavoro, concentrandosi sulla mafia e le sue ripercussioni nei quartieri popolari dimenticati.
La tematica viene esplorata con un approccio tragicomico, mettendo in luce la superficialità delle rappresentazioni ufficiali e sbeffeggiando la mafia, dipingendola in maniera grottesca.
Ebbene, sono cresciuto in un quartiere periferico segnato dalla presenza mafiosa, in particolare dalla criminalità ndranghetista, che si è sviluppata in seguito al modello tayloristico-fordista del boom economico. Questo ha portato al Nord un gran numero di immigrati dal Sud.
La Ndrangheta si è consolidata a partire dagli anni ’70, trovando appoggi nella politica locale. Diventerò un assassino di meridionali?
Ovviamente no, poiché la mafia non è più quella di un tempo; si è trasformata in un fenomeno fluido, diffuso capillarmente, deterritorializzato, non più confinato esclusivamente alla sfera sociale degli immigrati meridionali, dei loro referenti politici e protettori, né al militarismo corleonese. Tuttavia, questo non implica che la situazione attuale sia necessariamente migliore.
Come si risolve la questione mafiosa?
Non ho fatto quelle citazioni iniziali casualmente. In questo momento, ho due lupi dentro di me: uno mi dice che sarebbe meglio fare come il prefetto Mori, Zerocalcare e Gentilini, ovvero di usare il pugno duro;
L’altro che invece sarebbe migliore un patto sociale migliano alla padano–giapponese
Mi ritrovo quindi in una situazione di voyeurismo immobilista, come legato da due cavalli che vanno in direzione opposta e mi dilaniano. Così rimango pessimista e scettico come Sgalambro. In aggiunta, riguardo alla vicenda siciliana, Salvatore Giuliano non è più tra noi, il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia si è dissolto e, a dire il vero, nemmeno io mi sento al meglio della forma.
Come rimediare? Bisogna assolutamente mandare degli agenti di Blast sul territorio. I nostri uomini, dopo il successo del caso Turetta, hanno rimediato un contatto telefonico che ha accettato un’intervista:
> Buongiorno! È vero che lei è stato un mafioso e si è pentito? (Non risponde) > Chi l’ha fatta pentire? Angilinu custodi (Angelo custode). > L’angelo custode? Lei è molto religioso? Sè, pi mia jè ‘n omu ri mmedda (Sì, per me è un uomo di merda). > Chi? L’angelo custodi, fa puzza (L’angelo custode, fa puzza). > Ma come? E per chi prega? Unnu sacciu. (Non lo so). > Ma passiamo ad argomenti più interessanti. Al paese si dice che lei fosse cinquant’anni fa l’amante di Pasolini e che conosca i segreti della sua morte. Mai canusciutu, putìa giurarlo a Diu. (Mai conosciuto, potrei giurarlo a Dio). > Sa che oltre ad infame la definiscono “arruso”? Arruso picchì a palora nascìu arrusa. Poi sunnu superdotato, haju ‘n bell’uccellone chi ni pozzu pristari agli navutri. (Arruso perché la parola è nata arrusa. Poi sono superdotato, ho un bell’uccellone che ne posso prestare agli altri). > Cosa significa? Non potrebbe darsi che ci sono arrusi superdotati? C’è ‘n modello sulu ri arruso e nun ci n’è cchiù. U sacciu pi esperienza. (C’è un modello solo di arruso e non ce n’è più. Lo so per esperienza). > Ha appena detto “esperienza”, ha qualche aneddoto? (Non risponde) > Lei avrà degli aneddoti? Dove sono? A Foggia, capoluogo ri Assisi. (A Foggia, capoluogo di Assisi). > Lei ha visto i film di Maresco? Le sono piaciuti? Le piacciono i film sulla mafia? No, guardo sulu “c’è mmedda pi te” picchì u vogghiunu taliari i mia figghi. Jè ‘n programma pi picciriddi, iu nun glie u vogghiu far vìriri, sapi, a tradizione, a storia, a famiglia venunu prìmisi. (No, guardo solo “C’è merda per te” perché lo vogliono guardare i miei figli. È un programma per bambini, io non glie lo voglio far vedere, sa, la tradizione, la storia, la famiglia vengono prima di tutto). > Ma lei ha conosciuto Totò? Schillaci? > Riina… No, iu nun staiu dicendo chi u re jè megghiu di la regina. (Io non sto dicendo che il re è meglio della regina). > Cosa intende? Nenti, infatti nun u dicu. (Nulla, infatti non lo dico). > Ma se lei svelasse i suoi segreti su Pasolini, Su Riina, o altro, cosa verrebbe fuori? Di li cosi tremende: a morti ri Mattei (Delle cose tremende: la morte di Mattei). (l’audio diventa inascoltabile).