MEMEGIORNALISMO

Qual è il futuro dell'informazione?

MEMEGIORNALISMO
Lettura boomer
I TG rubano le clip a Welcome to Favelas, i media mainstream si fanno fregare da Mark Violets e dai troll di internet, la lingua italiana è andata a farsi strafottere e la gente ha la soglia dell’attenzione completamente fottuta da TikTok e da Instagram. E non abbiamo ancora visto le conseguenze dell’IA nel settore.

Esiste un futuro per l’informazione? O è davvero finita?

C’era un tempo in cui fare il giornalista era un mestiere prestigioso e ben retribuito. Sconti, agevolazioni, lauti stipendi: piccoli privilegi con cui il Potere (a partire dal fascismo), gli industriali e i partiti si erano comprati un esercito di letterati e scribacchini che potessero dispensare al popolo informazioni (di parte: siete così idioti da credere nell’informazione imparziale? O, addirittura, alla “verità”?) e conoscenza. Preistoria. Fumi di fabbrica e vapori, la carta stampata ancora calda che veniva caricata sui camion e distribuita in tutto il Paese. Il rito quotidiano della passeggiata fino all’edicola. Totalmente finita.

Questa, d’altronde, non è una grande novità.

Sono decenni che l’informazione va orizzontalizzandosi, perdendo la struttura gerarchica che l’aveva contraddistinta agli albori. Questo a detrimento, anche e ovviamente, della qualità. Oggi i TG sono solo delle specie di copie malriuscite delle pagine instagram, assemblate assieme e trasmesse via antenna o via cavo. I giornali, invece, li compriamo (letteralmente) solo quando dobbiamo incartare il pesce o ci compariamo sopra (chi non è mai finito sul quotidiano locale? Non sei speciale, mi spiace). Ma non siamo qui per chuddare, anzi.

Il giornalista professionista oggi è un aristocratico francese che a fine settecento si trova la Rivoluzione in camera da letto. Il periodo glorioso della nobiltà a cavallo è un vago ricordo e il vizio corrompe il ceto dei pennivendoli. Oggi il giornalista gongola dalla sua scrivania mentre finge di non vedere i troll-sanculotti dell’internet innalzare nuovi idoli (i pepe, i chuds, i wojak) e cambiare i calendari, rimanendo morbosamente avvinghiato alle vestigia di ciò che fu il grande giornalismo dell’ottocento e del novecento. Noi godiamo nel vedere il naufragio necessario di questa classe privilegiata e parassita. Dalle nostre camerette sudice nascerà un nuovo sistema.

La ragionata opinione di Dario Greggio.

Che tenerezza ricordare i momenti in cui i primi youtuber venivano chiamati in TV. Ricordo che facevo sempre il tifo per loro. Un patetico tentativo di addomesticarli, in alcuni casi particolari persino riuscito (ricordiamo la celebre umiliazione pubblica di Cicciogamer dal Mago Forest & compagni). La stessa tenerezza fatichiamo a provarla quando provano a riproporre goffamente termini giovanili nei servizi televisivi, nella speranza di accaparrarsi una fetta di pubblico che non li guarderà mai. Avete provato ad aggiornarvi, avete fallito. Ora è solo patetico. Siete troppo timidi e i vostri scimmiottamenti sono palesemente una posa.

Nelle loro fatiscenti torri d’avorio, i signori dell’informazione, ingiustamente seduti su cumuli di denaro contante di dubbia provenienza, cercano di rosicchiare il poco che ancora riescono, mentre il loro pubblico si risica ogni giorno di più. Si alimentano di un nuovo schiavismo, fatto di stagisti e precari (ho un amico che viene pagato 4€ ad articolo, ma credo non sia affatto un caso isolato), che, assieme ai fondi pubblici all’editoria, permette loro di galleggiare ancora per un po’.

La verità, però, è che il giornalismo tradizionale non è stato superato solo nell’organizzazione del lavoro, ma, soprattutto, nel linguaggio. Non è pronto. Solo le agenzie di stampa, le uniche che ancora hanno un potere reale d’influenza e comunicazione, restano sul mercato perché riescono ad aggregare le notizie e a fornirle a dei clienti (spesso giornali, che poi fotocopiano decine di articoli tutti uguali fra loro e che differiscono solo per qualche virgola in più o in meno nel titolo).

Non siamo qui, però, per constatare lo stato deprecabile dell’informazione mainstream contemporanea. È così evidente che non val la pena sprecare del tempo per parlarne. Siamo piuttosto qui per affermare che gli ultimi residui del passatismo vadano eliminati subito, che bisogna debellare definitivamente l’oligarchia che detiene il monopolio dei mezzi di informazione (che oggi non è più in grado di utilizzarli). Dateci il (tele)comando:

VOGLIAMO I CHUD IN PRIMA PAGINA!

Ora tocca a noi. Se sono i meme a comandare, perché le notizie me le dà ancora una vecchiaccia piena di plastica o un matusa incravattato? Gameplay di subway surfer, sottotitoli e meme: brainrottiamo l’informazione. Il linguaggio del futuro è il meme, perché la nostra generazione è il meme: la notizia deve parlare la lingua del pubblico per arrivare a tutti, deve propagarsi con gli stessi (potenti) strumenti con cui si propaga la risata.

Serve un nuovo infotainment: i bei tempi dei vestiti grigi e delle stilografiche che macchiano non torneranno, mi spiace. L’informazione austera e compunta è morta e sepolta. Serve innovazione.

Nessuno si legge il vostro giornale, anche se vi paga una grossa industria e avete mezzi economici estremamente superiori alla concorrenza fai-da-te? FATEVI DUE DOMANDE! Ci sarà un motivo se venite surclassati? Incapacità più totale di leggere e interpretare la realtà.

I meme sono le nuove parole. Così come le immagini e la TV hanno rivoluzionato, a loro tempo, il mercato dell’informazione, oggi deve essere il meme a farlo.

Vuoi dare una notizia? MEMALA.

Anche perché non vedo altri motivi per interessarmi a ciò che hai da dire. Se voglio leggere qualcosa di serio cerco una rivista specialistica, altrimenti apro telegram. Oltre al fatto in sé, che contiene sicuramente qualcosa di interessante (ma che mi trovo tranquillamente sulle già citate agenzie di stampa o in internet), perché dovrei perdere tempo a leggere il commento di uno pseudo-tuttologo che finge di sapere cosa sta dicendo? Fra, è chiaro a tutti che non sai un cazzo e che per scrivere il pezzo hai smanettato un po’ di minuti su Wikipedia. I tempi della professione sono insostenibili, è vero. Ti capiamo, povero scribacchino. Ma è anche per questo che dobbiamo rinnovarne la concezione se non vogliamo che diventi un settore sclerotizzato.

Il giornalista oggi deve diventare un mematore. Se vuoi darmi la tua opinione fallo attraverso un meme! Una volta veniva premiato dai lettori lo stile di scrittura, oggi viene premiato lo stile memetico. I meme, allo stato attuale della loro evoluzione, sono già autoriali: un meme si contraddistingue perché ha un determinato stile, riconducibile ad un autore. A partire da questo si può operare un ulteriore distinguo, il pubblico apprezza un meme o per l’intuizione che c’è dietro o per la realizzazione tecnica (e solo i migliori memegiornalisti riusciranno a fare andare le cose di pari passo).

Ma se questo sembra una grande utopia vi sbagliate, perché è quello che già sta succedendo anche in Italia. Lundini ha portato sulla RAI i mematori (all’inizio fu preso come troll), ma c’è bisogno di superare i pallidi tentativi della TV e abbracciare fino in fondo il Nuovo.

Analizziamo il caso di Filosofia Coatta: Fiorello che nel programma “Aspettando Viva Rai 2!” lo prese come mematore ufficiale, una mossa sicuramente visionaria, ma dalla realizzazione problematica e “troppo italiana”: il potenziale si è dissolto brevemente per la poca valorizzazione economica del mematore, considerato non al pari degli altri ma inferiore (si dice che neanche venisse pagato…). Anche il giornale Domani ha provato a prendersi Giulio Armeni, paragonandolo ad un vignettista per qualche loro inserti, utilizzando la carta per inserire memeromanzi ancora più lunghi di quelli di Instagram, anche qui l’esperimento non è riuscito poiché pagato da fame equiparato ai giornalisti tradizionali (se non addirittura considerato inferiore). Siamo ancora alla fase embrionale del memegiornalismo, questo spiega la scelta infelice di Filosofia Coatta, paradossalmente il suo problema è che “scrive troppo” (per questo evidentemente le redazioni tradizionali lo sentono più vicino), non è immediato come dovrebbe essere un memegiornalista di professione.

Un altro caso interessante è quello di Le più belle frasi di Osho: è finito nelle pubblicità giganti dei palazzi di Urban Vision (in questo ’articolo si parla di Roma, ma dice che è stato proiettato anche a Milano e Catania e sono sicuro sia vero perché l’ho visto), dove si proiettavano suoi  meme su notizie di attualità. Questo è perfettamente comprensibile, bisogna iniziare con questo stile anche più boomer data la demografia del nostro paese e la piattaforma (ovvero i cantieri sui palazzi e l’età degli Umarell è nota).  Inoltre c’è stato un periodo in cui fu mematore due volte a settimana da Bruno Vespa a Porta a Porta.

Rispetto a Filosofia Coatta Osho ha più successo, perché più basato immediato.

Prima le vignette sui giornali diventarono meme e noi ci abituammo.
Poi anche gli articoli diventarono meme e fummo contenti.
Infine, persino la programmazione tv delle ultime pagine divenne un meme. E lì, non capimmo più cosa era internet e cosa no.

Nel futuro i giornali saranno composti solo da meme e, finalmente, si sfrutterà appieno il potenziale della stampa a colori! Niente più noiose pagine di economia, niente più pubblicità noiose e tutte uguali: ogni pagina sarà piena di meme.

Abbiamo visto negli ultime anni alcune svolte delle pagine di meme italiane più grosse, che però, anziché abbracciare il memegiornalismo normalone, si sono trasformate in agenzie stampa scarse (TMLplanet, Nasce Cresce Ignora o Cose non cose, solo per fare qualche esempio). Hanno capito male il futuro, si illudono che oggi “fare informazione tradizionale” abbia senso (spoiler: ovviamente sanno e sappiamo anche noi che lo fanno per soldi pure loro).

Abbiamo perso un’occasione? Sì, ma non tutto è perduto.

Potete essere voi i primi veri memegiornalisti, essere pronti al futuro.

Abbandonate il cursus honorum che l’informazione impone: dalla provincia alla nazione il meme sia rivoluzione!

Friggete, dankate, rinnovate e ingigantite la sezione destinata alle vignette. Esagerate coi titoli. Abbiamo milioni di dritte da dare a quei falsari dei “professionisti dell’informazione”.

Il futuro della notizia è nelle nostre mani.

1
Conclave accelerato
2
RESURREZIONE MACCHINICA
3
ORA E SEMPRE PENITENZA!

Gruppo MAGOG

Libreria BILLY alle Crociate del mobile
Schizoletteratura

Libreria BILLY alle Crociate del mobile

Già si sa. Lutero cinquecento e più anni fa distruggeva l’ordine delle cose, attaccando le fondamenta dell’istituzione più Sacra e antica, la Chiesa, con l’affissione delle Novantacinque tesi.
2 anni
QUANTI SONO GLI NPC?
Psicopolitica

QUANTI SONO GLI NPC?

Mentre il tipico personaggio non giocante accetta acriticamente tutto quanto gli viene somministrato e per di più lo difende come verità indiscutibile, chi è agli estremi riesce a essere in qualche modo refrattario a ogni tipo di suggestione.
3 mesi
DONER KEBLAST, una serata halal
Connessioni

DONER KEBLAST, una serata halal

O Spariamo o Spariamo. O direttamente ci facciamo esplodere. Inshallah!
2 anni
La via del trollerismo
Memetica

La via del trollerismo

Cosa ci ha insegnato il Salone del libro:
12 mesi
Nuovi Partigiani
Schizoletteratura

Nuovi Partigiani

Il giorno dell’incontro era il 25 gennaio 2023.  Mi trovavo sulle montagne della Val Varrone. Il mio contatto si chiamava Sandro.
1 anno