Cracked Actor – Una serata con Vincenzo Profeta

Cracked Actor – Una serata con Vincenzo Profeta
Lettura boomer
Poche cose mi sembrano vivide quanto Profeta che riceve una domanda su un ipotetico Comune Nazista. Poche cose mi sembrano più vivide della sua risposta: Siamo già nel nazismo da anni.

Arrivo a Moscova sulle 17:45, me lo ricordo. Io ricordo sempre gli orari: sveglia alle 6:00, stacco alle 14:00 da lavoro, 18:00 ceno, 23:00 letto. Rare eccezioni mi rendono così fresco da tirare le 2:00. Ma mai oltre, sennò non dormo tutta la notte, e poi chi lo sente il corpo?

Allora arrivo a Moscova, il quartiere è … bellino. Non vi è nulla di speciale, ma agli occhi di voi la
Milano Bene sembra qualcosa di o terribilmente malsano o eccezionale.

Mi ha detto un uccellino che nella Milano Bene vi è una sorta di massoneria segreta, mentale, psicofisica, che rende i giovani artisti incapaci di gettare l’amo dove ci sta la vera pesca grossa. Insomma: puzze sotto al naso, favoritismi, nepotismi, mio cuggino fa il brigatista, un posto alla postale te lo trova, ma io voglio fare il pittore, e allora impara a dipingere, fallito. Il discorso continuerebbe, ma io non ho tempo, sono le 18:00 e sto cercando l’entrata del posto.

Ma che posto? Di che parli? Come sono finito qui?! È una prigione!

La Casa degli Artisti di Moscova-Milano-Lombardia è qualcosa di così collettivo e socievole che
difficilmente se allacci le cinture, corri per Milano, e lo trovi ti volterà le spalle. È uno zio affettuoso, quello che si ubriaca alle feste e parla di Letteratura Cyberpunk mentre fanno il brindisi. È lo zio un poco invadente, ma che risulta molto apprezzabile nella famiglia disfunzionale che è Milano.

Milano, figa, Milano, ne potrei parlare per ore ma non ho voglia, corro, cerco in realtà in questo scalmanare di drinkettini, spritzini e negroni di Corso Garibaldi una porta per questa casa dello zio artista.

Sono le 18:10. E io non trovo la porta, quindi mi infilo in un cancello.

Proprietà privata? Io la chiamo esplorazione urbana.

Esploro e noto: facce.
Facce sì, potevo vedere solo quelle e sinceramente, mi sembravano tra i venti-trenta e di primo acchito
artisti, dei più tranquilli.

Mi sbaglierò molte volte sul loro conto per tutta la serata, dandogli questo o quello stereotipo, per poi
ricorreggermi.

Allora trovo la porta. Si fanno le 18:13. Io entro. Allora che faccio se non mostrare la maglietta GOG, e
sul momento stringo la mano a uno.

Tommaso è quel genere di artista che è passato lì per caso poi si è innamorato del posto e lo puoi trovare
ogni tanto lì a dare una mano. Poi non lo so, non ho imparato tutti i nomi.
C’era un uomo con una camicia hawaiana aperta, appena sono entrato ha sorriso. Lui è il boss.
Sapevo di trovarmi nel posto giusto quando dicendo:

  • Sono Anonimo Milanese, sono di GOG (mentito a fin di bene)
    Loro mi hanno sorriso e fatto una clamorosa accoglienza.
    Skip di 5 minuti, 18:17, sono a bere vino e a intavolare discussioni, la serata nemmeno è iniziata ma qui ho già birra e vino in mano, un mix letale che possibilmente: NON PROVATE A CASA.
    Ma d’altronde cosa mi può fare B&W, Black and White, Ivory and Ebony?
    Quindi conosco in rapida successione, scusate ma il vino mi fece scordare i nomi:
    Una poetessa, che mi spiega come si approccia alla Cabala ebraica, io rispondo con Cabala cristiana, parliamo di sephirot vari, ci intendiamo, siamo amici.
    Un poeta e futuro scrittore, tale Davide, scrive in dialetto milanese, ci intendiamo subito perché ad una certa arriva un suo amico di GreenPeace e parla brianzolo, quindi siamo lì a parlare di diritti di animali nella lingua della luganega.
    • Altri. Non lo so, non mi ricordo molto, principalmente ho parlato con loro fino all’arrivo di lui.
    Vincenzino Profeta.
    E lo vedo che sguscia da una porta, capelli lunghi, magro, già ci siamo visti, io esco fuori tipo Gran Duca D’Austria con un bicchiere di vino in mano. Esclamo:
  • Figa, eccolo! Lui! Il nostro!

Brindisi, gli offro il calice poi mi fa che berrebbe ma vuole il bicchiere per sé, io ero già lì pronto a
condividere il bicchiere con il compagno d’arme. Invece nulla, si fa un bianchino più tardi, tutti stasera
bevono bianco.

Vincenzo Profeta, un personaggio. Vincenzo Profetico, Vincenzo.

Lui è l’autore di ben due (2) libri. Disponibili, trovabili, leggeteli, è un mostro. Molti dicono lo sia
veramente, chissà cosa avviene nella sua Saccardi, la sua allegra compagnia artistica. Lui è l’ospite che
reciterà il testo, prima di dare il via a una serie di poeti, che ci accompagneranno fino a fine serata. Vorrei
immortalarli tutti, come direbbe Marc-Edouard Nabe:

Ucciderli su carta, così saranno immortali.

Vincenzo il Profeta quindi è lì, lo seguo, come è giusto che sia e mi accompagna in giro per quadri
moderni e deliri antichi, dove vedo finalmente lui cambiarsi la canottiera-maglietta, mettere su una
camicia.

  • È da frocio? Mi dicono lo sia.
    Io dico che è carina la camicia modalità: BOMBER, lui continua a pensare lo renda dell’altra sponda.
    Crocifisso di dieci chili sempre al collo, leggende dicono: gliel’ha donato un mistico, un esorcista, con la cui benedizione ha scritto poi, di getto, una notte, tutta la Palermo Male.
    Il perché un libro così cinico-maledetto è stato scritto da un Soloviev moderno mi è oscuro, ma viviamo alla fine dei tempi. Ci chiameranno pazzi anche se siamo santi.
    E io sincero penso che il vino mi abbia già fatto partire una personalità doppia, non sono più articolista di Blast, voglio parlare, fatemi parlare. Prendo la penna e scrivo il mio nome sulla lista, quello vero, quello che non dovrei dire. Famo che mi chiamo Gaetano Salvemini e Vincenzo, Conte di Cavour. Ecco, lo scrivo, metto email, metto numero di telefono, codice fiscale, IBAN, firmo e lascio pure il PIN del bancomat, non si sa mai. Magari non hanno capito chi sono io.
    Parte un testo di Bello Figo Gu, recitato dall’hawaiano, dice:
  • I ragazzi capiscono il razzismo e lo evitano, i vecchi sono tutti a dire che voglio scopare fica bianca, bere e far casino. Io dico quello che i vecchi vogliono sentire dire da un negro, i giovani lo capiscono.
    Amen, fratello.
    Parte Vincenzino, dice per prima cosa, un po’ per pararsi.
  • Ah sono dislessico eh!
    Parte, legge.
    Non riporto il testo, era lungo e tortuoso, ma sapeva mettere l’enfasi su una frase:
    La Street Art fa schifo al cazzo ormai.

Il pubblico capisce, anche perché in quella stessa Casa degli Artisti ci sono i padri e madri della strizzo-
art.

Il pubblico sa troppo, SHUT IT DOWN. SPEGNILO.

Vincenzo termina, non prima della fatidica (riportata all’inizio) frase sul Nazionalsocialismo.
Uno alza la mano, chiede se si stia riferendo quel nazismo, quello quello eh. Vincenzo:

  • Viviamo nel nazismo da anni.
    Lapidario.
    Arrivano un sacco di poeti e poetesse, si godono l’applauso a Vincenzo poi attaccano, poesia di strada, poesia elegante. Si fotta emancipazione della poesia, dirle sul palco e non sui muri, ditele in faccia a un pubblico la merda che spacciate per Pascoli (coff coff)
    Io teso, toccherà a me, tra esattamente un’oretta, alle 20:20. Paranoia che affogo nelle sigarette.
    Passo in rassegna le poesie migliori, quelle che mi sono rimaste più impresse, chiedo scusa a eventuali poeti e narratori, ma sincero: vino.
  • Poetessa, arriva, dice cose: parla di macelli, di polli crudi, di carne cruda e amore, baciare le
    mucche. E io da carnivoro devo rispetto alla sua scelta, applaudo, gli allevamenti intensivi? Come condominii, non c’è di meglio da dire.
  • Poeta, sale sul palco, urla. Urla un botto. È MCRide dei Death Grips, urla e non smette, ce l’ha col mondo, ce l’ha con tutti, urla. Un applauso, questo è il nostro urlo.
  • Poetessa, sale recita una poesia religiosa, dicendo che c’è troppo satanismo in giro, criptocristianità in un ambiente di artisti? Nostra, applaudo.
  • Poeta, sale e recita un incontro all’inferno con Majakovskij, io attentissimo, un po’ in versi strani, rimato assurdo, applaudo e sollevo il bicchiere al Poeta della Rivoluzione.
  • Poetessa: sale e urla che si è tagliata le vene in bagno. Lode a Mishima. Applauso. Ma non ha finito, faccio una figura: barbina. Poi continua sull’amore. Poi finisce e applaudo confondendomi nella folla.
  • Poeta narratore, più un testo matto: parla ma io sto prendendo il vino con Profeta. Sento la sua voce rauca, studiata. Il bello: è lo chef della Casa degli Artisti, cucina un piatto figo, ma il vino non me lo fa sentire. Male, ma esco e applaudo.
  • Gli faccio a Profeta.A breve tocca a me, vai. Riprendimi, è per Blast. Lui: sì, appena finisco il vino.
    Non lo farà, e gliene sarà grato. Ha ucciso il media visivo. Non mi interessa, meglio così, niente cellulare.
    Poi…
    Ci sono io, impappianto, imparanoiato.
    Sigaretta, la settima Lucky, finita. Salgo. Misspellano il mio nome vero.
  • Il suo nome ci è ignoto, forse è qualcuno di voi… Gattano Salemini. Un applauso!
    Eppure Cavour non mi riprende.
    Salgo sul palco. Mi sento Cherubino alla prima delle Nozze di Figaro, e Mozart mi guarda con la
    parrucca. Eppure non sono donna, ne tantomeno soprano
    . Mi posiziono.

!IL TESTO LO TROVATE QUI!

Applaudono, li ho presi. Chiedo a Profeta. Lui nemmeno mi ha ascoltato, ma meglio così, doveva nutrirsi
dopo il vino.

Anon io sono bestia, non posso filmà.

Quindi, fine serata, ne ascolto altri. Poi vado via, saluto Profeta, Davide, Animalista Brianzolo, saluto Hawaiano. Saluto tutti. Esco di scena.

Mi inabisso in una Milano da aperitivo, la Milano bene.

Sono sul metrò e un cittadino non meglio specificato etnicamente canta ad alta voce, rappa, io odio il
rap… rap… trap… rap… trap.
Rap. Trap.

YOUNG SIGNORINO.
CI DOVEVA ESSERE…
ERA LA SPECIAL GUEST!

CHE FINE HA FATTO YOUNG SIGNORINO?!

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