Amiche ed amici, ci siamo già scordati di DeepSeek?
Beh, avrebbe anche senso.
D’altronde stiamo parlando di una tematica estremamente tecnica, roba da techbros che hanno toccato l’ultimo filo d’erba giocando nel giardino della propria scuola elementare, non certo il più digeribile dei temi da affrontare per
l’opinione pubblica addiaccaddiata contemporanea.
C’è dell’altro.
Ovvero c’è che, come al solito, non è successo assolutamente nulla.
C’è stato il crollo di un titolo in borsa più drastico di sempre, ma chi ne ha risentito? La bolla dei tulipani, la bolla dei mutui subprime, erano bolle sì, ma bolle che si innalzavano da settori economici tangibili
, diffusi, collegati al resto dell’economia, e infatti giustamente si sono trascinate dietro tutto il resto nel loro capitombolo.
Non è il caso di questi settori hi-tech in cui i produttori sono estremamente limitati ma hanno un sostegno governativo enorme, date le loro funzionalità primarie
, che non sono permetterci di creare canzoncine buffe anche senza alcuna conoscenza musicale, bensì scopi bellici e di sicurezza interni, roba che servirà sul lungo termine dunque non può crollare. O meglio, sì, in borsa è crollata e qualcuno che ci ha messo qualche millata per divertirsi ha sicuramente perso qualche soldo. Ma d’altronde anche noi qui in redazione perdiamo soldi tutti i giorni con le estrazioni del 10eLotto e nessuno ne parla.
Invece a livello di utilizzo?
È sicuramente presto per dirlo, magari ci vorrà del tempo, ma a sensazione vedo ancora la gente utilizzare il rassicurante ChatGPT. Sarà il logo, così neutro come quello di una multinazionale farmaceutica, o sarà semplicemente l’abitudine dura a morire, ma tra i tesisti fannulloni il buon vecchio bot a firma OpenAI non è mai crollato e la balena di DeepSeek ancora stenta a venire in superficie per sfiatare.
Del nuovo a dire la verità c’è però.
Accuratissime indagini sociologiche condotte con metodologie di computazione statistica avanzatissime
hanno infatti rilevato un cambio di tendenza nella bolla social del sottoscritto che non può passare inosservata. Il postaggio filocinese ha avuto in occidente il suo culmine negli anni 2019-2021 circa, con gruppi facebook proliferanti di Xi Jinping, John Cena cinesi, zuppe di pipistrello, social credit scores e goliardate del genere. Un po’ per la ripetitività alla lunga dei contenuti e un po’ per le zuccate subite questa forma di soft power della Repubblica Popolare è andata scemando. Negli ultimi tre anni era assai raro trovare raffigurazioni del presidente cinese nelle vesti di chad al di fuori di pagine e profili esplicitamente veterocomumisti, social-sovranisti et similia; mentre nelle sezioni commenti più generaliste, da quelle dei quotidiani nazionali fino ad arrivare alla microcelebrity based in Foggia ovviamente permaneva uno stigma nei confronti di commentatori filocinesi.
Erano loro gli weirdos fuoricontesto che esprimevano posizioni insostenibili.
Ecco, l’avanzatissimo studio di cui sopra dimostra invece che il momento DeepSeek ha visto, forse per la prima volta, un senso comune tendenzialmente positivo nei confronti del nuovo prodotto cinese.
Non stiamo ovviamente parlando dei fruitori delle sezioni commenti di Repubblica o del Giornale e così via, naturalmente popolate da gente anagraficamente bollita, in larga parte disinteressata da queste beghe tra big techs. Ma dell’ambiente frequentato dal ventenne, trentenne, financo quarantenne di idee politiche moderate, generico NPC dello stivale.
La gente era per qualche motivo soddisfatta.
Sicuramente questo è dovuto in buona parte al nuovo corso muskiano della politica americana, per cui, se ora il cattivo più cattivo di tutti è in America, i suoi nemici sono sicuramente un po’ meno cattivi. Uscendo per un attimo dalle bolle social è al riguardo interessante questa testimonianza fotografica che ci giunge dall’università di Roma Tre: una Tesla (anche se non proprio il top di gamma) imbrattata con un insulto a Musk. Sicuramente il proprietario sarà stato un bootlicker liberale con un lavoro in una multinazionale di consulenze, per cui: bene.

Certo non si può non notare come nell’opinione pubblica Musk sia passato in relativamente poco tempo da essere il grande imprenditore visionario lungimirante che salverà l’umanità a essere visto come l’idiota che fa il saluto nazista ed è una minaccia per le nostre democrazie (always has been).
Di conseguenza, dunque, essendo quello della cattiveria mondiale un gioco a somma zero, se gli USA si incattiviscono, la Cina diventa un paese di cui fidarsi. Esemplificativo in tal senso quel minitrend da scaramuccia social in cui si mandava lo screen di una conversazione col chatbot cinese in cui gli si chiedeva notizie sugli eventi di
. Piazza Tienanmen
Ovviamente la balena non rispondeva e incitava a discutere di tante altre belle cose come il calcolo differenziale
. Piazza Tienanmen è il vulnus storico della Cina, quella situazione indifendibile in cui anche il più filocinese degli occidentali deve mettere le mani avanti e dire che beh sì è stato gravissimo, un errore storico eccetera eccetera. Non in questo caso. Siamo arrivati a quel punto di inversione di paradigma in cui chi denunciava questa censura da parte di DeepSeek era trattato come il weirdo fuori dal mondo.
“Bro, ma che fai, ma non ti accorgi che stai scrivendo su una piattaforma in cui certe parole vanno scritte sostituendo i numeri alle lettere per non essere bannato?”
“Bro, non ti accorgi che è vietato scrivere la parola genocidio?”. Queste le principali argomentazioni del nuovo senso comune, argomentazioni che in effetti non fanno una piega.
Ma arriviamo ora finalmente al picco. Un’argomentazione straordinaria nella sua follia che ho letto in quei giorni scritta da più di un utente del web che mi ha fatto, come si dice in gergo, volare.
L’argomentazione precedente era di fatto del benaltrismo, metodologia retorica efficace, tuttavia semplice, oserei dire quasi rozza. È decisamente più difficile fare invece del giustificazionismo sugli eventi di Piazza Tienanmen.
Qualche avanguardista finalmente ci prova. Secondo alcuni le proteste degli studenti cinesi del 1989 furono scatenate dall’eccessiva presenza di studenti africani negli atenei cinesi, spinta da un primitivo programma di egemonizzazione culturale da parte della Repubblica Popolare sui paesi del terzo mondo.
Questo sottintende chiaramente che i manifestanti fossero razzisti. E dei razzisti certo si meritano anche un paio di carri armati schierati contro di loro. La tesi però non finisce qui: gli studenti cinesi erano in particolare indignati perché i suddetti studenti africani avevano creato uno squilibrio nel mercato sessuale, rimorchiando tutte le giovani studentesse locali lasciando gli più geneticamente svantaggiati asiatici a bocca asciutta. Signore e signori, eccezionale. Non solo i manifestanti erano razzisti; erano addirittura incel. Tutta questa storia è una fake news, una boutade?
Estremamente probabile, certo.
Ma onestamente non ce la siamo sentita di andare a fact-checkare
questa informazione. In primis perché fa ridere, ma soprattutto perché a chi importa della verità, ciò che conta è ciò che viene percepito come veritiero. E nel momento in cui questa versione dei fatti rappresenta i manifestanti come letteralmente dei virgin, automaticamente significa che il governo cinese è il chad della situazione.
Il vento sta cambiando. Il senso comune è lento nel suo mutare, ma è anche
inesorabile.
La storia inizierà lentamente ad essere riscritta con inchiostro rosso, a coprire la versione a stelle e strisce dominante negli ultimi decenni. Lo si farà come sempre si è fatto nel passaggio da un impero ad un altro. Cause considerate minori diventano cause fondamentali, eventi remoti iniziano ad essere considerati fatti storici di prima rilevanza, agenti del bene ed agenti del male si scambiano di posto, così si fa la storia.
E se qualcuno chiede la fonte si serra la mascella e si rivela candidamente:
“I made it up”