De gustibus da Vite parallele.
Sono così avanti nel ciclo del riciclo della storia
non ancora retromarcia,
come un top H&M
venduto per vintage,
con un po’ di perlage,
la mia vendemmia è la mia bestemmia
sono invece
semplicemente altamente accelerata.
Punk è un punk è un punk è un punk,
come è una rosa
tatuaggio o tautologia
tutto è una bugia
per la buona notte
che non arriverà a Barriera di Milano
come l’eroe del Natale
bandito,
perché oggi vanno più le bande
da fanfare scortate
non proprio di disperati
urlanti non di dolore
ma di euforia a tutte le ore
più buie,
bugie
di un Carnevale
che han creduto giusto rendere
h/24 universale
secondo (a nessuno)
Il Capitale,
garantito dall’egemonia culturale
dell’Internazionale.
Chi è senza peccato
lo sarà perché non si è ingegnato
a far di quello un asset,
non l’ha capitalizzato!
Chi è senza peccato
lo è perché non si è integrato.
Si diceva adottare soluzioni punk
già già, cool
s(ma)rt
se anche soluzioni punk coatte però sono
allora lì non perdono,
come Clint Eastwood in Gran Torino
Ya basta! fermare il casinò.
Fino alla prossima puntata
di una serie che
sembrerà infinita
sottomissione
fino all’ultimo respiro
che la legge dei grandi numeri mai mi ha
sconquifferata
- per menti troppo poco raffinatissime –
che da gran massona nata
una cosa l’ho imparata,
alla pubblicità occulta
preferisco persuasione occultata,
moral suasion
autorevole o autoritaria
a seconda dell’arcobaleno LGBT+
della gravità derivata.
Derivati alla deriva
alla Carola di cane.
Non mi presto né faccio prestiti
alla fallimentare
Società Umanitaria,
incapace di salvare un solo
Falling man
con la scusa che è incallito fallito
- per elencarne i motivi non basterebbero
i titoli di Iñárritu –
Birdman o il prevedibile vizio dell’ignoranza
ft.
Birdman o l’imprevedibile virtù della coscienza.
Comunque dal vicino
Bricoman (nome inventato)
ho scoperto lo spaccio di tendazze
“anti smog” e anti sguardi,
anti anti anti qua(n)ti!
antidiluviani rimedi contro diluvi,
plasticazze con cui impacchettano i ballatoi,
a dire non sono fatti miei
non sono fatti tuoi
ritirati, dai
(lo faccio anch’io)
hikikomori
non c’è niente là fuori.
Invece di lasciare un bel cadavere,
lascia un balcone decente
e un appartamento che non ti fa maledire
dalla tua discendenza
più che della tua dipartita della tua vita,
lascia una dimora di beltade
prima di quella estrema
o di sparire con la refurtiva
a seconda del tuo destino, karma o coma
Jamaica and Roma
in cerca della apple pie!
Le vite degli altri.
A seconda del posto al secondo posto
nel tessuto urbano e sociale
si assomigliano tutte:
invariante bunker
gente in affitto,
altolocati senza ascensore,
mezzo sfrattati,
¡basta sfratti!
urlato al muro
con falce e martello di rito
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antico ed accettato,
scritto di corsa
in russo corsivo,
rosso corsaro
da smog aereo,
abbasso lo stampatello
ortodosso,
calligrafia da callo al pugno
come nei quaderni di terza.
Elementare Watson.
Quaderni rossi.
Il rosso e il nero.
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Stand up for Stendhal.
Caspita, capiTO CospiTO?
Stand-up comedy come Di martedì.
Comunismo, malattia infantile
del tardo capitalismo
(più dell’estremismo).
Che fare?
Solidarietà
alle macchine,
alla materia,
all inclusive.
Traduci Transuma Greta
Seduci Profuma Greta
Conduci a consuma‘ Greta
Produci consuma rape.
Rotebete. Bete das Rot an. Rotebeeten.
Sotto la banca la capra crepa.
Sopra la blockchain la capra zumba.
Ghimmi fave e salame, alt-right
resolved, revolved.
Risolvi. Evolvi. Dissolvi
le catene della (ri)produzione
assoluta,
saluta.
Buona camicia a me – buona camicia a tutti.
Le strade sono strette
da sempre e da un certo punto in poi
nel tempo oltre le barriere
del tempo dei viali nordici,
edifici con lati abbozzati
ad attendere Bonanza et abbondanza
- fino a ieri,
oggi aperti senza banda e bandiera al bando
per opere giganti su briganti
o cinema en plein air dai ballatoi
su cui balleranno sfatti da medici muti e smunti
da melodici melodrammatici.
Che il lungo braccio della Esse
lunga vita
ti porti via la spesa sul balcone,
viva viva viva
cantieri e vivai
della gentrificazione.
Ho un muro di mattoni pronto
a proiettarci su i mie cattivi pensieri,
a mo’ di video mapping,
sotto gruppi di comignoli silhouette
al sapore di
Fumo di Londra e Fiandre,
spontanei gemellaggi realonirici
di incipit industriale ancestrale
durato oltre la durata duracell.
Extinction Rebellion qui scalpita(molti ne vogliono lo scalpo)
ma frequentano anche loro i mercati
quotidiani rigurgiti di frutta ortogonale,
rionale, a mazzi, tutti i giorni e tutti i quartieri,
continui raduni di old timer a gasolio
per motori “Diesel – Only The Brave”,
coraggio da vendere sulle bancarelle
al posto di mobilità asfittica
fate passare all’ora il 30 e lode,
meglio che il 18 politico,
lode al volante inviolato,
quella mercanzia da sopravvivenza alimentare
deve giungere in città
con il drone, drone music
in deep trance con le arance,
tranche de vie depurate
da manovalanze
- se allo stato attuale delle cose non è cosa,
allora voto per protesta bioginger
ingegnerizzato,
con buona pace del contadino affamato.
In Barriera di Milano
poggiata sul divano
di una Torino folk
non odo polka
ma i vicini di una messa nera rumena
nella chiesa artigianale aperta solo il giovedì
solo per me,
che pregavo arrivassero
mormoni che mormorassero in atlantico
o
una schola apocrifa profetica vera,
un’accademica postplatonica,
un consesso di Cosp-iratori spiritati dalla dieta,
ufologi spiritisti,
trappisti terrapiattisti terapisti,
non la solita moschea,
per carità chiesa,
qualcosa di più elettrico,
perché no pecore
o ancora,
non plus ultra (o quasi),
MKULT-ra ok, MK-Ultras ko,
MGK-Vis-roboris,
la forza sia con te.
Afro(fu)turismo
sii pietista vs. di noi!!!
Intanto gustavo aneddoti su Adolfo Rol,
Tao e telecinesi,
think tank tantrici,
un Burning man non letteralmente criminale
(che con i tipi in giro è meglio specificare)
senza scorie o anche salone letterale,
[please non l'abbecedario
per i soliti igno(ra+/-n)ti]
oh ran baby ran baby ran baby randomizzati
che adorano Sun Ra
o altrimenti, se proprio
inutile e silente,
figlio di un pensiero di Dio up-TO date al buio,
nuovo di pacca o pacchianamente sterile,
tra la setta e la denominazione,
nessuna chiesa conosciuta ai più,
esotica, non etichettata sebbene recensita,
conventicola per corrispondenza
con fermo posta,
tutto a posto, niente in ordine.
In Barriera di Milano
abbaini polverosi
di luci LED
abbaiano contro
la buona notte
di mala. Vita.
Vitesse.
Vitel tonnè étonné.
In Barriera di Milano
pendono sconsolati drappi
ex tende da fu alchemico
acrilico sole verde ora
dalle palazzine
di palazzinari straccioni anche loro
balconi incellofanati,
rifugio peccatorum
di mocio vileda strucidi
e mal appoggiati a lavatrici abusive.
In Barriera di Milano
sputazze schiantate
da bronchi frusti
che scappano contro tubi di scappamento
velocemente velenici,
gasoli da soli oscurano il sole
mentre svicolano su perpendicoli
di strade senso unico
del tempo arretro,
accelerato solo un metro
prima dello stop,
prima di accelerare
su corsi e ricorsi
della storia cittadina.
In Barriera di Milano
monopattini pattine
di mancati agenti di borsa
senza portafogli
direttamente dalla savana,
miseria nera,
profezia che si autoadempie
senza la bohème
che associamo a sottotetti
e senza tetto oltralpe.
Le porte finestre ricordano la Francia
- la frangia oltranzista,
fronte anti frontiere,
Frontex
bifrontex bisex bisqué
della Torino ultraclassista
d’egemonia gappista olé -,
finestre occhi della casa dicono,
occhi specchio dell’anima
bianco gesso di un grigio Ikea
ikebana svedese, solo ora vedo più chiaro,
unica marca che posso permettermi,
rimango solvente soltanto
nell’interior del mio appartato appartamento,
accuratamente non soppalcato,
accarezzo il mio baby microcemento
tanto voluto
per far sparire piastrellazze obbrobrio,
senza rompere l’anima
con rasature al suolo,
pneumatiche demolizioni di quiete
dopo solari tempeste quotidiane di vibrazioni
- ne avrei avuto facoltà,
questo è liberismo vissuto –
di buttar giù muri portanti,
tutti in massa con la mazza a far portenti,
iI partito del Facit,
Res iudicata facit de albo nigrum,
di cambiare planimetrie come le mutande,
si ha piena libertà
per dar del mangia mangia
all’operaio padroncino,
parente artigianale
del tuo vicino
io son d’un altro avviso, che odio il lor lavoro,
che vorrei estinto,
mi va ben pur compianto
nel museo delle arti e dei mestieri di ieri
e chi si è visto si è visto.
In effetti,
sono cavaliera
di dressage,
del non disordine,
del non rumore,
mi elevo sulla resina,
non sono una che lesina,
l’agente interpellato che mi remax contro
dixit mia scelta microcementizia
nel quartiere materiale inusitato,
io salto sulla sedia del modernariato
rivisitato fino al prezzo scontato,
a sentir dell’aumento
del valore commerciale correlato
che mi è costato lacrime e piombo
di cui mi sono voluta liberare
à plomb
come Casanova dai Piombi,
stessa impresa acrobatica
convincermi che l’acqua ai metalli pesanti
è una rarità, che berla direttamente
da casa è ancor più un portento,
tubi al piombo,
anni di piombo ora orizzonti di litio,
pfui! un vanto retaggio d’altro tempo,
che tanto prima era tutto meglio,
anche il piombo
nella speranza diventasse oro,
alla faccia del bicarbonato
e della critica alla società estrattiva.
TO solve with Solvay,
suffumigi di anioni poliatomici da sorbire
per spurgare i fumi tetri
di un fosco fuori
introverso dietro vetri infissi grigio gesso,
che recesso,
bigia sotto l’asciugamano perla imperlato
di Sudoku
di Leroy Merlin, nuovo parlour
quasi menosamente erotico
- Le Roi Dancing Hall di Carlo Mollino
è qualche via o Stradella
qui vicino e qualche mondo fa lontano –
corochinata sui mea culpa
per la loro civiltà del progresso,
a timbrare i cartellini di carta
dalle bustine del tè
per la composta,
il filo di cotone come un filo d’Arianna
perduto nell’indifferenziata.
La riottosità senza se
e senza ma,
senza un domani
rallenta gli animi
con nessuna soluzione,
possibile solo chimicamente,
sensazione senza azione
coazione a ripetere,
R.I.P. dell’immaginazione,
altro che immaginazione al potere,
zero contropotere, più roba da podere
o da Controcalcare.
Podemos o non podemos,
nessun dilemma
amara constatazione: potremmo,
ma gli altri in classe non vogliono,
preferendo inutili consigli di classe
in cui si giunge allo status quo
qui e ora, lotta della latta
(in Italia la producono ancora,
coil al mare
ad arrugginire al Raggio d’Acciaio
del sole sul litorale
Fondamenta senza Misericordia
fondamentale
banchina latrina di siderurgia da spavento
io informata mi lamento,
che so che quell’infornata di stagno
andrà sul mercato a bagno
- Trump l’aveva detto –
così è ancora e pur ci pare
che in Italia
gli ultimi a produrre metalli
nobilitati da appartati metaforici
furono gli Etruschi.
nonostante i trambusti della classe operaia
e padronale, tutti colpevoli
di aver prodotto male,
gli ultimi molto più dei primi,
i primi sono sempre gli ultimi)
produzioni infernali industriali
parafernalia non paracelsiche
zero bombastiche,
molto meglio le artigianali su grande scala,
ellittiche scale a chicciola eclettiche,
economie di scala non razionali.
Materia prima incontrollata
nonostante zelo, sudore,
energia, sangue, afflato,
tutto sprecato.
Rituali di una religione
mondana, profana, popolare
non più contadina
ma ProToPost-industriale
che non poteva che finire male,
dopo aver prodotto
tonnellate di benessere dopato,
da drogato sistema-integrato,
da sindacalista integralista,
da “ingrato” scioperato
o cassaintegrato.
Grandi Cattedrali da Grande Opera
mistificata
perché
iatrochimica sfiduciata,
metallurgia è fuoco sacro
solo in piccole dosi,
fede nella spagirica
avrebbe prodotto un altro tipo di industriosità,
un altro mondo possibile nella fisica quantistica
non soggetta a dicotomie sfruttati/sfruttatori,
dove l’essere anti
sarebbe stato domare l’antimonio.
Invece porco mondo demonio,
risultato materiale
sempre più vile,
servile,
produce
ideologia
virale
e
virile,
a tratti ecumenico cristiana
velata di pagana
Caccia alle streghe,
natura hollywoodiana
come ciccia vegana