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Hitler era comunista

La nuova Cultura Woke di Destra

Hitler era comunista
Lettura zostile
La cultura woke è morta o ha solo cambiato schieramento?

L’intervista di Elon Musk alla leader dell’AfD Alice Weidel ha sancito l’affermarsi di una cultura woke di destra. E non riguarda solo la frase diventata l’emblema dell’intervista (

«Hitler era comunista»

, sembra un titolo di un nostro articolo), ma il processo di maturazione di un fenomeno iniziato da qualche tempo che anche la destra ha iniziato a cavalcare.

Spesso si confondono (fino a diventare sinonimi) due fenomeni ‘culturali’ che appartengono alla retorica della peggior sinistra liberal ma che operano comunque in modo diverso: cultura woke e cancel culture.

La cultura woke, etimologicamente, rimanda all’imperativo del ‘risveglio’ e della ‘vigilanza’ (stay woke: sii vigile), nata con l’obiettivo di sensibilizzare su temi come la giustizia sociale, questioni razziali e di genere, inclusività e climate change.

Non serve sviluppare una storia di questo movimento per comprendere che oggi la cultura woke si è rivelata un grande bluff ormai anche agli occhi dei suoi ingenui sostenitori: nel momento in cui gli armaioli sostengono i pride, i petrolieri si tingono di green, i docenti universitari vengono licenziati per un meme sessista, possiamo sostenere che qualcosa è andato storto.

La cultura woke individua un problema, la cancel culture lo risolve con metodi reazionari. La cancel culture è dunque l’atteggiamento squadrista al servizio della cultura woke.

Usciti dalla bolla scolastica del buonismo pedagogico, si scopre che Voltaire non è stato solo un geniale esponente dell’Illuminismo, ma anche un feroce antisemita che avrebbe felicemente deportato tutti gli ebrei fuori dall’Europa, il più lontano possibile dalla culla illuminista. Ecco problema e reazione:

Cultura woke: ci hanno mentito, non ci hanno mai detto la verità su Voltaire, guarda quanti scritti vergognosamente antisemiti. Altro che illuminista: Voltaire era antisemita! (sarebbe troppo complesso sostenere che Voltaire era un illuminista ma anche un antisemita, più facile continuare ad ignorare che esiste una perfetta compatibilità – e persino una certa coerenza – tra pensiero illuminista, positivismo e antisemitismo).

Cancel culture (reazione): eliminare le aule universitarie che portano il nome di Voltaire; intimidire insegnanti o chiunque altro esca fuori da questa tesi, pena pressioni, boicottaggi, licenziamenti vari; fare di tutta l’erba un fascio (tutto ciò che Voltaire ha scritto è merda); fare pressioni affinché escano edizione nuove e più inclusive del Candido per poi aspettare che Voltaire venga risucchiato da questa artificiosa damnatio memoriae. Un antisemita in meno per la nostra Nuova Grande Cultura del Risveglio.

È facile riscontrare una logica simile nelle motivazioni che hanno portano Alice Weidel, intervistata da un gongolante Elon Musk sulla sua piattaforma X, a sostenere la tesi che Hitler fosse un comunista avanzando tecniche argomentative praticamente identiche a quelle sopracitate.

Weidel ha dichiarato:

«I [nazionalsocialisti] nazionalizzarono l’intera industria… Il più grande successo dopo quell’era terribile nella nostra storia è stato etichettare Adolf Hitler come di destra e conservatore. Era esattamente l’opposto. Non era un conservatore… Era un comunista, un socialista».

Musk ha risposto: «Giusto». E poi oh, sforziamoci di notare che nel termine nazionalsocialismo c’è la parola «socialismo», altra scomoda verità, alla pari del capitolo di Voltaire contro gli ebrei che si trova in bella mostra nella sua Enciclopedie.

In questo frame c’è un implicito invito a ri-svegliarsi (stay woke!), a ri-leggere la storia, a stravolgere le etichette e le categorie di pensiero (il che in teoria è un bene, il problema è sempre l’argomentazione fallimentare del wokismo), facendo passare il messaggio che, insomma, sulla cultura nazista si è creato un costrutto sociale che ha mentito alle generazioni, come la caricatura positiva che è stata fatta per anni su Voltaire.

Non è un mistero che il primo fascismo avesse attitudini realmente rivoluzionarie, una battente propaganda «contro il Capitale, contro la Chiesa», contro i «parassiti» del sistema, prima di iniziare a incassare finanziamenti dalle élite industriali e agrarie. Anche il nazismo delle origini aveva queste attitudini, se non vere e proprie «ali» anticapitaliste (come quella dei fratelli Strasser). Il nazismo utilizzò una retorica populista contro il grande capitale e, in particolare, contro l’alta finanza internazionale semplicemente perché la associavano al potere che gli ebrei esercitavano in questo quadro.

Il fatto che Hitler abbia nazionalizzato i settori strategici (semplice buon senso in un paese devastato tanto dalla Grande Guerra quanto dalla Grande Pace di Versailles, e che ha in ogni caso permesso alla Germania di risollevarsi economicamente in una manciata di anni: una politica di interventismo statale che all’epoca trova eco anche nei Paesi “demoplutogiudaicomassonici”) ovviamente non basta a far di lui un comunista, dato che la proprietà privata non è mai stata in discussione né sotto il nazismo né sotto il fascismo [a proposito, anche Trump pare che abbia rivalutato la nazionalizzazione di certe aziende, vedi le recenti dichiarazioni sull’affaire TikTok (tra qualche decennio scriverò un articolo intitolato «Trump era comunista»)].

Quello della Weidel è un classico tentativo di washing, che non fa solo storcere il naso agli avversari, ma anche ai sinceri militanti della cosiddetta estrema destra (impossibile che un nazifascista abbia apprezzato questo red washing di Hitler, associato ai suoi nemici giurati). L’AfD, sotto la guida di Alice Weidel, sta già cercando di riposizionarsi politicamente, tentando di distanziarsi dalle etichette di estremismo e presentandosi come un interlocutrice affidabile, pronta ad integrarsi nello status quo e quindi a cambiare poco, una Giorgia Meloni tutta wurstel und krauten.

Sembra strano, ma questa sorta di wokismo di destra, al momento, non ha ancora in mano il secondo strumento, quello della reazione (la cancel culture), ma c’è ancora tutto il tempo per il suo utilizzo, anzi, il suo tempo è proprio ora.

A proposito di nazismo, giusto qualche giorno fa Elon Musk ha eseguito una specie di saluto romano (oh, del resto, Musk è a favore del libero mercato, lui sì che è un sincero nazista, non come Hitler che nazionalizzava le imprese) durante un discorso tenuto alla Capital One Arena di Washington D.C. in occasione della cerimonia di insediamento del presidente Donald Trump.

Il suo gesto è stato commentato dal suo referente italiano, Andrea Stroppa, che ha sentito la necessità di commentarlo attraverso tre versioni diverse prima di oscurare il suo post su X: la prima versione conferma il saluto romano «è tornato l’Impero romano», poi ha cancellato il tweet raddrizzando il tiro in difesa di Musk: «Quel gesto, che alcuni hanno scambiato per un saluto nazista (me compreso insomma, n.d.a.), è semplicemente Elon, che è autistico, che esprime i suoi sentimenti dicendo "voglio darti il mio cuore"». La terza versione è una specie di copincolla di una ricerca su chatgpt sul saluto romano. Ma io ti credo Andrea, tranquillo.

Voltaire era semplicemente un antisemita.
Hitler era semplicemente comunista.
Stroppa è semplicemente un nerd esperto di storia romana.
Musk è semplicemente autistico.

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