Contro la Normalità

La salute mentale è una sciocchezza?

Contro la Normalità
Lettura zostile
Il concetto di normalità ha una genealogia a tratti oscura, su cui è bene fare luce...

“Il paziente mostra evidenti spunti paranoici di megalomania: dichiara di essere un grande filosofo”.

Ciò basterebbe per condannare definitivamente non la ricerca del funzionamento della mente umana, ma l’istituzionalizzazione del numero e della massa di cervelletti “ben funzionanti” – se serve la pazzia per creare dei grandi geni o delle grandi catastrofi che rinfrescano la vita, allora possiamo dire chiaramente

“morte a quegli sbirri dell’ordine dei dottori di ogni sorta ed evviva i furenti incatenati assetati di libidine!”

La questione alla fine è sempre la stessa: normale è ciò che si conta in numero maggiore in un determinato campione di popolazione; dunque, normali sono gli uomini che hanno due occhi, quattro arti, una testa, un busto e così via; normali sono quegli uomini che si comportano educatamente, che frequentano regolarmente la scuola, che si trovano un lavoro stabile, che pensano di tirar su famiglia; normali sono quegli uomini che vanno a votare, che ci tengono alla democrazia e alle libertà e, soprattutto, che sono tolleranti verso ogni diversità!mai più grande barzelletta infinitamente triste ed esilarante è mai stata raccontata: come già detto, normale è ciò che è massificato, ciò che non comprende comportamenti “troppo particolari” e non quantificabili, ciò che non è quotidiano e che non è semplice e immediatamente coglibile da una mente utilitaristica, e tutto ciò che va al di fuori (e spesso anche al di là) della già citata massa viene considerato come “disturbato”, o peggio ancora come “malato” – ma qui allora sorgono un paio di domande:

e se ciò che viene considerato come “normalità” fosse solo una prospettiva “rassicurante” della nostra realtà? Se fosse solo una grande necessità di determinati tempi, luoghi e condizioni? E se fossero i pazzi e i “degenerati” invece ad avere lo sguardo più assoluto, sottile e ragionevole sulla realtà e sulla vita?

Cominciando da questa domanda che necessariamente fa sorgere tutte le altre, possiamo affermare che il concetto stesso di “normalità” non deriva unicamente da un’analisi prettamente scientifico-statistica dei caratteri che compongono l’essere naturale di un determinato campione di popolazione, ma, quando associato alla genealogia e alla visione della “normalità” che possiamo trovare all’interno della natura e delle società umane, anche altri elementi di tipo psicologico, socio-politici e ambientali entrano in gioco.

Per fare un esempio, pensiamo proprio alla necessità che abbiamo di dover catalogare tutta la conoscenza in determinate categorie standardizzate e generalizzate, a cosa serve primariamente ciò a noi umani? A crearci uno spazio luminoso in cui poter guidare con ragione e sicurezza i nostri passi nel buio dell’esistenza e del divenire. Gli antichi Elleni arrivarono per primi a comprendere e praticare ciò, e furono anche i primi a comprendere come invece questo assoluto-nullificatore fosse l’unica perfezione possibile della realtà: prima di quei San Paolo e San Pietro che furono Platone e Aristotele, la conoscenza greca dei presocratici comprendeva ancora un certo elemento primitivo all’interno della sua essenza e delle varie forme e sfumature che essa ha preso.

Dapprima erano ancora gli elementi naturali e le divinità, poi fu il lògos e dopo ancora le prime forme di metafisica, ma tutte queste varianti dell’Assoluto comprendevano ancora qualcosa che, con l’avanzare della ragione solare sarà poi messo in disparte per più di un millennio: esisteva ancora un intimo e necessario richiamo a forze e tensioni che mai si dividono da questo mondo e/o da questa realtà, ma che sono e sempre agiscono nella realtà stessa delle cose. Nessun iperuranio o dio come motore immobile, ma una immensa e profonda volontà e ragione che tutto ordinano in un insieme armonico, ma senza discriminare alcun tipo di “imperfezione” che non cozzerebbe con una realtà puramente pensata come perfetta.

L’uomo aristocratico sbranato dai cani, quei mistici dei pitagorici fino ai maestri delle arti pratiche della politica, del discorso, etc. hanno di gran lunga più ragione e genio dei futuri creatori di specchi-senza-luci.

E pian piano col tempo sempre più paure più o meno artificiali iniziano a spuntare, sempre più confini si creano e così l’enorme marea dei nostri “misteri carnali” sempre più è stata compressa… fino a quando negli ultimi decenni le sue onde non hanno travolto le società europee e quella americana: la “degenerazione” e il ribellismo sono sempre esistiti all’interno di ogni struttura sociale, non c’è nulla di nuovo quindi nel vedere fenomeni di deviazione dalle linee guida di una determinata società; ciò che invece deve interessarci è come questo tipo di deviazionismo sia sempre più diventato un fenomeno “di massa”, estensivo più che intensivo, diluito e aperto a tutti/o piuttosto che relegato a qualche barbone illuminato dei sobborghi di una metropoli.

Ed ecco come dagli anni della contestazione nel giro di un ottantennio siamo giunti allo shitposting e al meme-larpaggio internettiano da applicare irl quasi come fosse una nuova etica di vita (lo è, per fortuna).

Giunti a questo punto, perché tutto ciò? Come siamo arrivati a skibidi toilet !!!الحمد لله e alle autodiagnosi condotte in live streaming sulla triliardesima malattia mentale “appena scoperta” abbandonando invece i deliri mistico-religiosi e la castrazione per i degusta-verga?

Per parlare concretamente e iniettare nel profondo del corpo un po’ di anti-medicina misterica e antica (archeofuturismo post-post-moderno!) cambiano le paure, cambiano le preferenze per la sopravvivenza, il dominio e il piacere e dunque cambiano le regole perché, diciamocelo, gli umani non hanno nulla di superiore alle altre entità viventi, ma hanno questa cosa che chiamano “ragione” che, unita alla loro pur sempre esistente animalità, gli consente di giustificare ciò che più gli aggrada e cosa no.

E tutto ciò che è “sano”, quindi, si genera e risolve da/in un intimo desiderio quasi sempre inespresso e/o persino celato con malizia: a un inetto i forti daranno sempre fastidio, ed ecco che si crea la sua testuggine sicura in cui raccogliere lamenti e accoliti da scagliare sui suoi acerrimi nemici. Se il malato mentale, al contrario di chi vuole prendere le pilloline o ascoltare le leggi generali, è colui che invece non può che vivere in modo assoluto, costante ed esplicito con la sua malattia (che si chiama vita), allora non serve dilungarsi oltre per dare una risposta all’ultima domanda...

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