LEGA MARANZA

Don Alì è il nuovo Umberto Bossi?

LEGA MARANZA
Lettura zostile
Dove il leghismo ha fallito – trovare un’identità specifica del Nord – arrivano i Maranza. Vediamo come FR FR FR

Nel grande abbandono molle che circonda la città, là dove la menzogna del suo lusso viene a trasudare e finire in marciume, la città mostra a chi vuol vedere il suo gran deretano nelle casse dei rifiuti. 

Louis-Ferdinand Céline, Viaggio al termine della notte

Don Alì, influencer, tiktoker e pugile torinese (?)ci stiamo preparando a scrivere la sua bio su Wikipedia -, deve appartenere alla schiera di quelli che hanno letto e capito Céline.

Per questo non ne fa vanto.

Infatti, nella critica sociale che Don Alì porta avanti sui social, c’è tutta la crudezza di Céline nel descrivere l'ipocrisia del mondo, la realtà della periferia  abbandonata. Nel pratico, quella torinese stravolta dalle migrazioni e mai abbastanza considerata come quella milanese. 

Marginalizzata anche dai media, la periferia torinese è il non-luogo padano per definizione, periferia post-industriale abbandonata al suo destino. Il capoluogo piemontese è passato da essere una capitale (economica, ma non solo) ad essere periferia della Nazione. A differenza di Milano, non è stata in grado di ritrovare una propria identità quando le fabbriche più importanti hanno chiuso o delocalizzato, trasformandosi in una copia ingrigita e meno riuscita della sorella lombarda. Dove se non lì, ai margini, può nascere un profeta, un condottiero?

Non più tardi di due settimane fa Don Alì prometteva di marciare su Roma e di arrivare più in giù, fino a Napoli e oltre, sfidando i terroni a casa loro. 

[…] Odia i terun, denuncia il razzismo che la casta politica italiana* ha contro la sua gente, parla con l’accento “strano” di chi, come i Padani, ha imparato la (seconda) lingua a scuola e non in famiglia.  

*7 presidenti della Repubblica su 10 nati sotto il Po

Qualcuno trova assurdo Don Alì, lo liquida facilmente come un buontempone, un buono a nulla, insomma, un influencer. A loro voglio dire: da dove può venire oggi, in Europa, la rivolta? Da dove se non dai Maranza? 

I moderati (non ci stancheremo mai di ripeterlo: È FINITO IL TEMPO DI ESSERE MODERATI) devono solo ringraziare che la rivolta si stia incanalando nel processo democratico con la fondazione di un nuovo partito: il Partito Maranza.  

Chi pensa sia assurdo si faccia una domanda e si dia una risposta: è stato brainrottato dai media mainstream da quando è bambino. Da quando ho ricordi, questi hanno sempre liquidato la Lega Nord come un movimento populista di odiatori di terroni per professione, rappresentando il leghista come il boomer nostalgico degli anni ‘80. In realtà negli anni ‘80/’90  quel boomer era un ventenne come te, come Don Alì, un ventenne con sogni e speranze, convinto che un cambio di rotta fosse possibile, convinto che l’Italia si sarebbe meritata un futuro migliore.

La rabbia contro un Meridione arretrato, che fatica ad abbracciare la modernità e le TN; la richiesta di un taglio deciso alla burocrazia, al parassitismo; l’invocazione, decisa, alla libertà d’impresa: il Partito Maranza di Don Alì condivide con la Lega Nord bossiana non solo il territorio (la leggendaria e mitica Padania), ma anche gli slogan. Riflette un malessere simile a quello espresso dai leghisti rabbiosi dell’ultimo decennio del ‘900. Il passo verso il federalismo o la proclamazione d’indipendenza della Repubblica Maranza è breve.

Le analogie con la Lega Nord ora si sprecano, compreso il Senatur/Califfo con un  taglio di capelli DRIP e promesse di libertà economica diffusa.

Dal Telegram di Terra Cava
I magrebini sono arrivati al nord e hanno iniziato ad odiare i terroni.

La sostituzione etnica raggiunge delle vette impensabili.

Il piglio volgare, crudo e battagliero, la sua cinica follia: Don Alì è davvero il figlio illegittimo di Céline e di Bossi. Ha un che di grottesco, nel suo argot confuso e colorito. La canottiera dell’Umberto si mescola perfettamente con un paio di pantaloncini tecnici. Persino l’estetica, l’espressione visibile, rappresenta una versione aggiornata del leghismo: i marocchini sono arrivati a sostituire addirittura i leghisti. La distopia sizziana si compie sotto il grigio cielo padano.

Per anni la Sinistra, orfana del proprio elettorato, incapace di intercettarne bisogni e malesseri, ormai genuflessa di fronte al padronato, ha cercato di rifarsi una verginità presso i nuovi arrivati, il Nuovo Proletariato di immigrati e rifugiati, cercando di ingraziarseli a furia di promesse di cittadinanza o aiuti statali.

“Gli italiani non ci votano più? Bene, chiamiamo qualcuno che lo faccia al posto loro”. Un classico lavoro che gli italiani non vogliono più fare.

Eppure, l’invocazione di Don Alì al libero mercato testimonia, anzitutto, che il tentativo di addomesticazione delle periferie tramite denaro pubblico non funziona e che tra i maranza ribolle un forte dinamismo dal sapore quasi imprenditoriale. Inoltre, il messaggio di Don Alì, ci suggerisce che la lotta politica interna al mondo maranza si svolge tutta nell’alveo della destra: si va dai liberisti più agguerriti, rappresentati proprio dal Don, fino al mondo dell’islamismo radicale, ancorato ad una religiosità profonda e difficilmente scalfibile dalle proposte della sinistra contemporanea, coi suoi Soumahoro e le sue sardine irreggimentate (recuperatevi la triste lore di Mattia Santori e aggiornatevi fino agli ultimi episodi)…

Non vi ricorda niente?

Ma, certo, la cara vecchia Lega Nord, dai primordi intrappolata da una tensione profonda tra l’anima più identitaria e tradizionalista (di solito composta dal ceto medio impoverito, costretto a vivere a stretto contatto con “forestieri”, meridionali o proto-maranza che fossero) e quella più economicista, espressione dei piccoli-medi imprenditori della fascia prealpina, che tendenzialmente dell’immigrazione hanno una visione strumentale o paraschiavistica (manodopera a basso costo per la fabbrichetta).

Tutt’altro che risolta, la frattura geografica Nord-Sud riemerge carsicamente dal fiume della storia nelle parole del profeta Don Alì. Nuovi uomini, con la permanente, le tute tecniche e le casse bluetooth, porteranno avanti la lotta per la Terra Promessa dal Senatùr, in barba ai democratici. La rivoluzione si compirà, ma non sarà quella promessa dai marxisti slavati nostrani. Sarà piuttosto quella di Miglio e di Maroni.

Dove il leghismo ha fallito – trovare un’identità specifica del Nord – arrivano i maranza, non cristallizzati come i leghisti nel folklore morente o in miti di difficile proposizione: i maranza trovano il loro scopo nell’azione in sé, incarnando l’anima più dinamica della Padania, quella che da sempre è stata in grado di rinnovare il tessuto umano e urbano di queste regioni. Per un curioso giro della storia, il sogno della secessione troverà nuove menti nelle quali dimorare.

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