Mickey 17 è il blockbuster scritto e diretto da Bong Joon-Ho, il regista pop coreano dell’ultimo quinquennio, artisticamente legato al tema della lotta di classe, il massimo sistema che viene rappresentato in molti dei suoi film, tra i quali Snowpiercer, Parasite e, appunto, Mickey 17.
Quest’ultimo è uno sci-fi uscito recentemente nelle sale che ha come protagonista Robert Pattinson, sì, l’atteeeeore di Twilight, pronunciato con quella vocina ochesca da chi deve ancora capire che da anni il buon Robert non fa più il vampiro, ma si è messo a studiare sul serio recitazione, ricoprendo ruoli soprattutto matti.
Ma non è questo lo spazio e momento per fare una monografia sul caro Robert. Piuttosto, Blast è lo spazio per recepire quella fetta evidente di verità, o perlomeno manifestazione del reale, che Bong-Joon-ho ci racconta, e noi di Blast ne abbiamo già parlato. L’oggi è surreale, ciò che sta accadendo nel mondo lo è.
L’oggi è grottesco.
Pensate ai Coma Cose alla finale di Sanremo: Alessandro Michele ha cucito loro addosso il grottesco.
Pensate a Donald, al suo amico groenlandese, a Milei.
Pensate a The Musk, alla caccola di suo figlio, a Trump che fa la marchetta per la Tesla: zi padrone.
Ma pensate soprattutto alla pre-crisi di mezza età di Zuckerberg dai capelli gialli. Su di lui ci torniamo.
Mickey 17, per quanto pop, blockbuster, deludente per una fetta di cinefili, niente di imperdibile per altri, criticato dagli articoli algoritmici che compaiono sul cellulare, ci schiaffa invece in faccia proprio questo: ragaaa, l’oggi è GROTTESCO, lo volete capire o no?
Entriamo nella grotta!
Il protagonista Mickey è un mezzo inetto il cui passato, ripercorso in maniera approssimativa all’inizio del film, non è stato di quelli più fortunati. Mickey è un orfano, debitore, sessualmente cringe, che ha alle calcagna degli usurai a cui piace saldare i debiti squartando i loro debitori con le motoseghe.
Il maledetto rumore che fanno le motoseghe.
È per questo che Mickey scappa dalla Terra imbarcandosi su un traghetto spaziale per una missione di speranza, un progetto di civilizzazione di un altro pianeta non particolarmente ospitale, gelido e sul quale Mickey avrà una precisa missione, sacrificarsi infinite volte per il bene della nuova società terrestre. Il sacrificio esponenziale è reso possibile grazie a una specie di stampante 3d che fotocopia essere umani, alimentandosi di rifiuti e scarti organici che le consentono di riprodurre realmente il soggetto campionato, che vivrà così una sorta di eternità mista a prigionia, una totale condanna esistenziale che si ripete fintanto che quel pionieristico macchinario sarà funzionante.
Mickey morirà N volte per fini di ricerca scientifica. A guidare quest’ultima è un Mark Ruffalo che interpreta una sorta di esponente politico sconfitto alle ultime elezioni, un Trump-Mussolini che incarna perfettamente quel sentimento grottesco su cui permea questa fugace riflessione, assieme a una squadra di scienziati pop che sperimentano in modo grossolano le loro trovate, senza alcuna riserva, prudenza, pietà, perché il corpo della loro cavia è riproducibile in tempi rapidi. Mickey muore, muore di continuo, decede 17 volte, e dopo la diciassettesima interviene quel plot twist narrativo che serve agli sceneggiatori per sbarcare il lunario. Mickey 17 doveva morire ma non l’ha fatto, gli scienziati non se ne sono accorti, nasce Mickey 18 mentre il redivivo viene portato in salvo dalla caduta in un crepaccio da una tribù aliena che popola quel pianeta inospitale per l’uomo.
Ma non dilunghiamoci sulla trama in sé, per quella ci sono il cinema e gli abbonamenti alle varie piattaforme, oppure la pirateria (che Blast romanticamente sostiene).
È del concetto di grottesco che qui dobbiamo parlare – ora o mai più.
Eh già, perché le lancette dell’orologio scorrono in avanti, spalancando le porte a un futuro che si presenta in tutta la sua comicità. Di fatto, il genere grottesco ha rappresentato storicamente un modo molto efficace di fare la commedia. La Commedia dell’arte con i suoi personaggi iper caricaturali e le sue maschere sono state un genere molto popolare dal medioevo al rinascimento, rendendo celebri figure come Arlecchino, Pulcinella e Pantalone, innescando le risa di un pubblico intrattenuto da questo tipo di rappresentazioni.
A contraddistinguere il grottesco sono in particolare due elementi: la deformità e la sproporzionalità. E prima di affermare la tesi per cui l’oggi in cui viviamo è grottesco, possiamo sicuramente dire che il futuro di Mickey 17 è deforme e sproporzionato. Perché deformi e sproporzionati sono i personaggi che ne tessono la trama, vittime di una visione allucinata del loro presidente-condottiero, a comando di una spedizione che risulta tutt’altro che gloriosa, nonostante la sorta di lieto fine. La deformazione sta nell’ideale stesso che deforma la realtà, cercandola inutilmente di piegare a una narrazione ottimistica di una specie che ha bisogno di un motivo avvincente per salvare la propria esistenza, di una guida nella sostanza dispotica, il presidente Ruffalo, che dirige grossolanamente la missione affiancata da una compagna, moglie, consigliera, ma soprattutto suggeritrice dove le lacune politiche del marito emergono con regolarità. Gli emigrati dal pianeta Terra accettano a testa bassa il loro destino ridicolo, dando inizio a una nuova vita al di fuori dell’orbita terrestre, e qualcuno disposto a crepare e rinascere svariate volte pur di fuggire da un’unica morte violenta, perché Mickey preferisce soffrire e affrontare in toto l’esperienza della morte 17 volte piuttosto di ascoltare ancora una sola volta il tremendo rumore di una motosega che si accende.
È qui che si risolve la sproporzionalità, l’illogico patto di un uomo che paga con tutto sé stesso uno stato di immortalità completamente condizionato, volto al bene della comunità emigrata che segue una figura con poco carisma e tanta incapacità. Gli scienziati che manipolano il corpo e i ricordi di Mickey sono le braccia di un qualcuno che non sa bene come manovrarle, ma che le muove comunque, senza preoccuparsi delle conseguenze. Mickey prova sulla sua pelle le radiazioni spaziali, l’asfissia per gas, l’ipotermia, le controindicazioni di vaccini per la prima volta testati. Mickey è un demente che accetta tutto questo, fino a quando non viene posto nella condizione di morire definitivamente, per sempre: al suo posto c’è Mickey 18. È nel partecipare al gioco della vita e la morte all’ennesima potenza che il protagonista del film sprigiona tutta la sua comicità.
La comicità può essere spaventosa.
La comicità può essere soprattutto grottesca.
Dicono già che questa pellicola non meriti, tanto che forse Mickey 17 è addirittura già fruibile in qualche piattaforma streaming per il poco successo nelle sale.
Sti cazzi, siate pigri e al cinema non ci andate, sprofondate ancora di più nel vostro divano dell’Ikea per visionare la manifestazione dell’oggi nella sua essenza: accogliete a braccia aperte il grottesco.
Viviamo tempi comici.
Un miliardario imprenditore digitale si fa i capelli gialli e va a giocare al casinò per mostrare al mondo che lui è uno cool, che il percorso di re-branding della sua persona è più che avviato, anzi, va a gonfie vele. Sto parlando di te Mark Z., sì, lo so che puoi tracciarmi, spiarmi, manipolarmi.
Fino a qualche mese fa eri uno sfigatello, ora copi Benson Boone senza fare il carpiato dal pianoforte: i miei complimenti agli autori. Qui invece la lancetta viene portata leggermente indietro, perché il re-branding richiede un ritorno al passato, ma un passato vicino, quello sorto all’alba del XXI secolo. L’avevamo detto analizzando più nel dettaglio la trasformazione dell’arricchito digitale in giovane adulto californiano, che prima di tutto se la chilla. Per rappresentare al meglio i tempi che corrono basta un piccolo passo indietro, basta forse un ventennio (e non quel ventennio), per ristabilire quella visione di mondo soppiantata dal pensiero corretto e piatto che ha dominato l’ultimo decennio. A tirar troppo la corda però la gente si stanca, e Markino, nonostante sembri qualcos’altro, fa parte della gente. Al prodigio della Silicon Valley è stato assegnato un ruolo sociale, d’immagine.
È l’ambasciatore del totale presente, l’espressione massima ma comunque moderata della contemporaneità.
È una funzione che gli altri giga imprenditori come Musk e Bezos non potrebbero mai esercitare, uno per incapacità di moderazione, l’altro perché sta continuando giustamente a farsi i cazzi suoi, almeno per il momento. Marco, il Principe del Silicio, è moderatamente grottesco, e perciò è il candidato perfetto per la diffusione dell’odierno verbo:
Siate comici in tempi tragicomici!
La moderazione è letale.
Arlecchino, Pulcinella, Pantalone sono là fuori, sono ricchi da far schifo e possono ingerirsi nelle nostre vite, influenzandoci e illudendoci che anche qualcuno di noi potrebbe un giorno raggiungere i loro gloriosi traguardi, mentre intanto questi personaggi si prendono la scena, simulando coi loro gesti tutto ciò che è comico, grottesco. Dai poi a queste figure la possibilità di far politica in maniera manifesta e queste spaccheranno gli schermi su cui vorticano le millemila notizie trump-centriche, lo tsunami dell’infodemia che serve soltanto a stendere una densa foschia sui nostri occhi di consumatori, prima che cittadini.
C’ho i soldi, c’ho il potere di cui mi manca solo quella piccola fetta che si traduce nell’avere un ruolo esplicito nelle pubbliche istituzioni, ora c’ho tutto: posso fare spettacolo. Posso brandire una motosega durante la campagna elettorale (ecco che le motoseghe ritornano), posso far gesti maldestri con la mano destra con tanto di versi a modi sforzo, posso dire cose a caso per far impazzire i notiziari, posso essere grottesco fino in fondo, senza remore, tanto tutti parleranno di me perché il resto cosa vuoi che conti.
Non bisogna sottovalutare la potenza memetica di questi personaggi con le maschere, geni di successo che hanno contribuito a plasmare il nuovo oggi, stravolgendo la società contemporanea. Sono lì per un motivo, per una necessità storica, a prescindere che questa storia ci piaccia o meno.
Forse un giorno The Musk perderà le elezioni, e deciderà di portare gli ultimi suoi seguaci su Marte, il pianeta a lui caro, e chiederà ai più
coglioni impavidi, di sacrificarsi numerose volte per il bene comune, per il terraforming mars, e una nuova stampante 3d della Tesla con tanto di lucine colorate sarà lì ad aspettare quel coglione che si farà volontario, per morire e rinascere tutte le volte, facendosi stampare e ristampare.
Posso morire diciassette volte e non voler morirne una diciottesima.
Posso chiudere gli occhi, ma le risa di chi vede ciò che sta accadendo saranno comunque assordanti.
Ascoltiamo insieme il suono delle motoseghe.