Chi cospira contro la razza umana?
Era una notte buia e tempestosa.
La razza umana era ancora «aperta al mondo» e niente la separava dal «resto del creato». Parliamo di una notte di millenni fa, quando la razza umana non aveva ancora una propria vita. Ma quella notte gli esseri umani videro un loro simile a terra, esanime, immobile e rigido. Lo accerchiarono e, per la prima volta, lo portarono di peso lontano da loro che erano vivi, in un luogo da cui non poteva più ritornare. Dopo questo gesto, cominciarono a vedere il cosmo e il mondo naturale intorno a loro in modo radicalmente nuovo. Avevano capito che quel corpo che avevano trasportato via rappresentava qualcosa che «non sarebbe dovuto essere». È il momento chiave della storia dell’uomo: l’evoluzione della coscienza.
Chi lo dice che «Essere vivi va bene»?
Il saggio si sviluppa intorno a tal questione per giungere a una conclusione: No, essere vivi non va affatto bene, parola di Thomas Ligotti. Questa concezione appartiene a una piccolissima minoranza di persone, a uno sparuto manipolo di pensatori, in quanto la maggior parte dell’umanità preferisce sostenere il contrario o, meglio ancora, non ha il coraggio di entrare nelle profondità di tale questione (sono gli ottimisti).
Ligotti dedica le sue fatiche intellettuali alla memoria di Peter Wessel Zapffe (1889-1990) e La cospirazione contro la razza umana è un elogio alla sua opera più rinomata: L’ultimo messia (1933).
La filosofia di Zapffe, scrittore norvegese appartenente alla tradizione del ‘pensiero filosofico pessimista’ (non saprei come altro definire questa costellazione di filosofi di area e discepoli di Schopenhauer, a cui appartengono Julius Bahnsen, Philip Mainländer e il nostro Carlo Michelstaedter), è il lume di questo manifesto esistenziale di Ligotti, il suo punto di partenza. Zapffe sostiene che la vita sia una tragedia, ma non è sempre stato così. Tutto è cominciato in quella ‘notte buia e tempestosa’, quando l’evoluzione della coscienza ci ha portato a una «maledetta eccedenza di coscienza». In altre parole: a differenza degli altri organismi viventi, che sono tutt’uno con il creato e aperti al mondo, noi razza umana abbiamo scoperto che un giorno moriremo e ne siamo coscienti.
Il pensiero della morte appartiene solo a chi è cosciente. Non solo, siamo anche capaci di intendere la sofferenza, nostra e altrui, siamo capaci di empatia, conosciamo i dolori e le atrocità del mondo, e quindi dobbiamo creare un sistema di difesa contro questo «eccesso di coscienza» per non cadere in pensieri apocalittici e suicidi o evitare l’estinzione. Scegliamo di vivere di illusioni. Ma esistono illusioni e illusioni («i paradossi non sono tutti uguali», scrive Ligotti). Ci si può illudere di molte cose: di essere belli, di essere intelligenti, di essere superiori, di vivere nella parte del mondo giusta, di essere liberi, di essere felici con un matrimonio e una relazione monogama, di essere genitori all’altezza. Ma esiste l’illusione per eccellenza: l’idea che «essere vivi va bene». L’alternativa non ci piace. È il punto di partenza delle successive illusioni.
Può accadere, in ogni caso, che l’eccesso di coscienza faccia davvero apparire il mondo come un’illusione e rompe quel velo di Maya: esistono, da questo punto di vista, momenti di reale coscienza. Ed è in questi rari momenti che, secondo Zapffe e secondo Ligotti, agiscono i cospiratori contro la verità universale e contro la razza umana, utilizzando quattro strategie principali: l’isolamento (cospiriamo per isolare i fatti terribili della vita, facendoli convivere con i principi della bellezza della vita, ma relegandoli in una soffitta buia senza farli sparire del tutto); l’ancoraggio (cospiriamo contro il caos abbandonandoci a verità metafisiche e istituzionali: «Dio, Moralità, Legge naturale, Patria, Famiglia»); distrazione (la cospirazione attraverso l’«impegno continuo» e la distrazione) e sublimazione (cospirare con la sublimazione «delle nostre paure facendone aperta esposizione»).
In questo modo nascondiamo la realtà dei fatti, nascondiamo i paradossi dell’esistenza e il nostro essere contraddittori. Tutto ciò che è contraddittorio e paradossale è da nascondere. Infatti, scrive Ligotti, che per quanto possiamo avere pensieri suscettibili, di una cosa siamo certi: ‘conosciamo’ la differenza tra ciò che è naturale e ciò che non lo è. La differenza cioè che è e non è «perturbante». Da qui il nostro terrore per il soprannaturale (Ligotti è innanzitutto un prolifico scrittore di racconti dell’orrore e, a torto o a ragione, accostato a Poe e Lovecraft).
Il perturbante ha un carattere paradossale: i morti viventi e le marionette umane sono dei paradossi
. Quella della marionetta è l’immagine più cara a Ligotti (l’immagine-conclusione del saggio): se una marionetta prendesse vita autonoma, non sarebbe più una marionetta, prodotto del marionettista che la agita. Diventa quello che non sarebbe dovuto essere, il «terrore dell’essere».
Pinocchio non sarebbe, dunque, una favola per bambini, ma il nostro incubo peggiore. Allora dovremmo ripensarci in modo completamente diverso: anche noi non siamo padroni di noi stessi, nient’altro che marionette umane, la cui vita appartiene al mondo delle altre umane marionette, perché potrebbe esistere solo lì. Convincerci che siamo esseri paradossali anche noi ci spaventa, motivo per cui subentrano le correzioni all’errore: ancoraggio, la marionetta umana è opera dell’Anticristo, che presuppone l’idea di un Cristo e l’idea di Dio (siamo salvi dunque, due piccioni con una fava – direbbe Ligotti dimenticando la tragicità della visione gnostica e l’amore del paradosso cristiano di kierkegaardiana memoria).
E dunque la vita non è un dono, e se lo fosse, è un dono non richiesto. L’unico diritto di cui possiamo avvalerci, è il diritto di morire, di dissolverci, altri diritti sono parte delle tecniche di cospirazione. Dobbiamo smetterla di riprodurci (la seconda delle conclusioni di Zapffe, che è vissuto 101 anni senza procreare), sostengono sia Ligotti sia tutto il comparto del pessimismo filosofico. Procedere verso l’estinzione, cosa che prima o poi accadrà. Procreare non significa altro che condannare alla dannazione un altro essere, gettarlo nel caos della coscienza contraddittoria e paradossale.
Dare vita significa condannare a morire.
Ray Brassier, nichilista teorico del realismo speculativo, scrive nella prefazione che, nell’opera di Ligotti, «non esiste una natura che meriti di essere rispettata a cui aneliamo ricongiungerci, non esiste un sé che possa essere reinstallato sul trono del proprio destino, non esiste un futuro per cui valga la pena lottare e sperare», la vita umana è «malignamente inutile». Non è un caso che sia proprio Ray Brassier (insieme a Robin Mackay) a occuparsi dell’introduzione di un’altra opera carica di echi apocalittici come Collasso, la prima raccolta di saggi di Nick Land.

Scrive Brassier citando lo stesso Land: «Non-Vita […] Morte-A […] La storia della vita sulla terra, dai batteri a Microsoft, è storia della soppressione». Ma per Land la specie umana non si estinguerà nel ligottiano non-essere: si dissolverà in una tecnosfera intellegibile, in favore della singolarità immanente, forza che agisce retroattivamente sul presente. A quel punto ci libererDobbiamo smetterla di riprodurciemo, secondo Land, dell’HSS, il Sistema di Sicurezza umano che resiste inutilmente al salto di qualità: «Al di là del giudizio di Dio. Collasso. Dissoluzione della biosfera nella tecnosfera».
Al di là di come la si vuole pensare, al di là di ogni pessimismo e nichilismo, La cospirazione contro la razza umana solleva alcune questioni estremamente interessanti. La più interessante è perché, parola di Thomas Ligotti, in fondo siamo destinati all’estinzione (per questo sarebbe inutile cospirare ancora), e perché non possiamo far altro che accelerare questo processo piuttosto che continuare a inquinare il mondo con ulteriore sofferenza.
Su questo punto, Ligotti attinge a piene mani (e lo riconosce) dalla filosofia di Philip Mainländer, discepolo di Schopenhauer e che sostituì la ‘Volontà di vivere’ del suo maestro con la ‘Volontà di morire’, vero impulso del cosmo. Anche Dio avrebbe questo impulso, ma «purtroppo» immune al divenire materiale, motivo per cui l’unica soluzione di fare di Dio il non-essere è auspicare il suo suicidio, ecco perché Mainländer si suicidò il giorno in cui la sua opera Filosofia della redenzione venne pubblicata – vero megalomane («Dio è morto e la sua morte è stata la vita nel mondo», il giovane Nietzsche prese nota).
La redenzione, secondo Mainländer, è solo in un’ecumenica non-esistenza. Per auspicare tale scenario, secondo Mainländer e Ligotti, è necessario che il progresso della ricerca della felicità continui. Il miglioramento delle condizioni di vita accelererebbe questo processo di estinzione della specie umana.
Ad esempio, Mainländer sperava nell’avvento del socialismo, perché questo avrebbe portato all’estinzione: gli uomini, una volta superati i deficit materiali, avrebbero pensato di essere felici ma avrebbero iniziato finalmente a riflettere sull’inutilità della loro esistenza. Ligotti pensa lo stesso, sostituendo, un secolo e mezzo dopo, al socialismo il progresso verso il benessere: «sotto questa luce, il progresso umano non è altro che il sintomo beffardo che la nostra caduta verso l’estinzione proceda di buon passo, perché le cose più cambiano in meglio, più progrediscono verso una certa fine».
L’Occidente ha raggiunto vette di ‘benessere’ e progresso decisamente alte rispetto al resto del mondo, la vulgata comune è che l’Occidente è dove tutti vorrebbero vivere, il sommo modello a cui il mondo tenderebbe per il progresso raggiunto. E se ciò sarebbe vero, è per questo che l’Occidente si sta suicidando? è per questo che stiamo collassando? La crisi delle nascite è un fenomeno tutto Occidentale. Depressione e disturbi mentali proliferano solo in Occidente, crescendo in modo esponenziale. All’interno dello stesso Occidente, i paesi del nord Europa, cioè quelli con il più alto tasso di benessere, sono anche quelli con il più alto tasso di suicidi. Il resto del mondo, quello a cui guardiamo con sospetto perché può solo sognare il nostro ‘benessere’, si moltiplica anno dopo anno.
Perché rimarrebbe una domanda: e se Mainlander e Ligotti avessero ragione? La situazione, da noi, sembrerebbe eccellente. L’unico modo che abbiamo di cambiare lo status quo è: cospirare ancora.