Una volta un amico mi disse: “Tu sei la prima persona di destra a cui non piace Heidegger”. Risposi: “Perché sono la più intelligente”.
Heidegger. Basta, non ne possiamo più. Il Dasein, l’EsserCi, in cui il Ci viene prima dell’essere, l’essere che si dà, la casa dell’essere. Ma diciamo le cose come stanno: il Dasein è l’uomo. Traduciamolo correttamente: l’UOMO!
Nella narrazione ormai mainstream, si considerano Heidegger e Wittgenstein come i capisaldi del ‘900. Basterebbero il Tractatus ed Essere e Tempo per ricostruire tutta la filosofia successiva. Forse è così. Il buon Martino è stato un unicum, la sua opera non è replicabile, e proprio per questo: SMETTETELA DI IMITARLO.
Heidegger è stato uno dei più grandi poeti del ‘900. Questo non possiamo che ammetterlo, per questo la sua produzione va custodita, studiata e apprezzata. Ma stop. Nulla di più. Riproporla ad libitum ha solo l’effetto di:
- Capirci sempre di meno perché
- Ogni volta bisogna inventarsi un’interpretazione diversa
- Non c’è nessun progresso del pensiero.
Ora, proviamo ad andare con ordine. Direi che per molti il problema più pressante è la politica.
Heidegger BASAT0!1! e tutti i soyjak mostreranno la famosa foto del filosofo con la spilla nazista. Gongolano: “EH Ehehe Schmitt è entrato nello NSDAP grazie ad Heidegger”. Poi dall’altra parte si dirà “Gnooo però Hannah Arendt era sua allievaaah” e le femministe diranno “Ehhh l’esistenzha, la cura…”.
“LA PAROLA D’ORDINE SARÀ: CURA!” Heidegger è stato il primo nazifemminista della storia. Da Heidegger, infatti, non so se ve ne rendete conto, si generano sia le femministe della peggior sinistra sia i nazisti. Avete presente tutti quegli esistenzialisti svagellati francesi, quelli che fanno la filosofia poetante (poeti mancati che dovevano entrare a lettere anziché filosofia)?
Ecco, tutti figli di Heidegger. L’ermeneutica che decostruisce, quelli della mascolinità tossica, quelli dello schwa e altre parole inventate? Tutti figli di Heidegger, che con i suoi giochi di prestigio ti lanciava sull’emozione: “No, ma conta come ti senti, gli esistenziali, noi possiamo fare la fenomenologia, ma caro, l’Essere ti si rivela devi seguire il tuo sentiero nella foresta, guardate che mi facevo tutte le dottorande, love is love etc.” Questo ha generato Heidegger, con testi di cui non si capisce niente, in cui la pretesa di capire la realtà è abbandonata, perché sali sul piano trascendentale e inizi a confondere tutto. Tu sei il mondo: nel senso che il mondo ti appare. Il mondo si rapporta a te, ma devi farlo con CURA altrimenti tradisci il SENSO originale.
Moderandoci un po’: qual è il senso? Questa la domanda principe. Il senso dell’essere, il senso ultimo. Le domande profonde, non quelle chiare. Il senso, però, nessuno l’ha mai capito, mentre tutti l’hanno sentito. Ma così si smette di fare filosofia, si impone silenzio alla ragione, e inizia la letteratura: certo, più bella e più piacevole da leggere, da ascoltare, da meravigliarsi delle banalità. Ma non è filosofia. Dimmi come stanno le cose nel mondo, spiegami la struttura della realtà! Non me ne frega un cazzo di sapere che la morte chiude ogni orizzonte di possibilità, di sentire l’angoscia… E quindi? Spiega, cane! Non mi intortare con le tue descrizioni sottili, io voglio sapere la Verità. Il sentimento… andatelo a raccontare ai vostri amici come vi sentite, non cercate giustificazione pseudorazionali se vi lascia il partner, non è perché “il nostro era un rapporto zuhanden e invece io cerco il vorhanden”
. Ma andatevene, grotteschi! (Ovviamente, nessuno forse ha mai applicato queste categorie al proprio rapporto di coppia, e menomale, è una parodia del sentimento e di parole tedesche che per farci fighi non traduciamo)
Bene, ora arriviamo a voi. Sì, parlo di te. Lettore di Dugin, che vuole la quarta teoria politica, che si lamenta del “Tramonto dell’Occidente” e dice “bisogna fermare il dominio della tecnica”. Ecco, ho una brutta notizia: tutte cazzate.
Il Novecento è finito, se si vuole una vera rivoluzione (nera, rossa, del colore preferisci), queste categorie vanno abbandonate. La comodità di questi concetti (che ognuno usa come vuole perché nessuno li ha definiti) è illusoria. Non perdete e non fateci perdere altro tempo. Vediamoli insieme uno per volta.
La tecnica: il sapere incontrollato, “la scienza ci dice il come non il perché”, bisogna distinguere tra ciò che si può fare e ciò che è giusto fare, prima di fare bisogna interrogarsi,… se volete possiamo andare avanti con questi slogan tutta la giornata. Di tecnica se ne parla da 70 anni almeno, è un dibattito esaurito, o meglio, già risolto. L’aveva detto Romano Guardini: La tecnica deve essere al servizio della persona.
Quindi lasciamo che sia Galimberti a sproloquiare, noi andiamo per cose più serie…
L’Occidente: “eh l’Occidente sta morendo”, “bisogna ritornare alla dimensione originaria”, “il declino è inarrestabile, non c’è una più cultura di destra”. E anche qui: libri, trasmissioni tv, articoli, chi più ne ha più ne metta. Ao, ma l’avete capito che l’Occidente di cui parlate non esiste e non è mai esistito? Sì, il problema è la definizione del vostro concetto di Occidente.
Qual è? Forse nessuno, una vaghezza di cui l’unica certezza è che è in declino. “L’Occidente è la terra dell’occaso, lo dice anche il nome, in cui l’Essere si è rivelato e ora siamo in attesa di una nuova rivelazione…” Ma vi rendete conto di cosa dice lo Heidegger? Forse no, perché di fatto non dice niente. Oriente e Occidente hanno senso solo in ottica cristiana. Altrimenti si tratta di aree geografiche, culturalmente unite SOLO dal cristianesimo. Spesso quando si parla di occidente si intende l’Impero Americano, se invece parli di Europa vorrei ricordare la bellezza e la diversità di tutte le tradizioni. Cosa le accomuna (escluso Gesù Cristo)? Forse niente, forse solo il rappresentare esigenze profondamente umane, quindi non di un Occidente morto, ma di uomini e donne vivi che lottano insieme a noi con la loro storia.
La Storia, la metafisica. Questa è la cosa che mi fa più incazzare, ci cascano anche i nostri amici di Dissipatio. Che cos’è metafisica? Si chiede lo stesso Heidegger. La radice di tutti gli altri saperi, giusto, e allora perché poi mi parli dell’angoscia? Ricordo le parole di un altro che molti considerano basato “La scienza è filosofia dal punto di vista della scienza, invece è scienza solo dal punto di vista della filosofia” (Giovanni Gentile)
Che vuol dire? Che la filosofia in quanto tale è eminentemente metafisica e che la filosofia prima non è una scienza esatta, ma addirittura superiore. Quindi non è una grande narrazione, una serie di premesse, un aggettivo per indicare cose astratte che mirano a indicare un framework oscuro in cui muoverci. NO! La metafisica è la scienza più sicura, che controlla i propri asserti, che prova ad andare oltre ciò che vediamo per spiegare come funziona la realtà, se Dio esiste, partendo dall’evidenza e deducendo con NECESSITÀ incontrovertibile, altro che scienza particolari.
“Ma questa scienza non si può fare dopo Kant” Si, mio caro filosofo dell’oramai, presta pure il tuo assenso a questa affermazione, e mentre stai imbambolato noi persone serie ti smentiremo semplicemente dibattendo e facendo metafisica come Dio comanda. Quindi, pregherei di smettere di usare questa parola a sproposito. Vogliamo capire se esiste un argomento per provare la distinzione reale fra essenza ed esistenza proposta da Tommaso, non della differenza ontologica heideggeriana (che poi è la differenza fra la totalità e l’individuo detta in maniera poetica)
Cioè, terminiamo un attimo con della politica. Ma di destra non c’è niente qui! Non c’è da fare i nostalgici, non c’è da farsi ingannare da una narrazione, da queste poesie. Sono arte! Bisogna prenderle per quello che sono, non pretendere di più. Per noi è il momento di riprendere a discutere ed argomentare, di ricostruire il sistema e la narrazione. Perché la vita appartiene a noi, e la sfida è giustificare razionalmente i nostri giudizi di valore partendo da ciò che è evidente a tutti. Perché da zòstile quale sono riconosco poche cose, ma datemi solo queste e “ci basta”.
Vedrete come cala la Mannaia del sistema filosofico.
E poi, ziopera, stiamo parlando di cose serie. Questa è filosofia, non è theory! La theory è la fanfiction della filosofia. “Non c’ho capito niente, perché non si capisce niente”. E via di pippe mentali su significati di parole, su confini, mettendo insieme cose inutili e rimanendo ingabbiati nella depressione cosmica che vi circonda. Perché non c’è nessuna evidenza.
Il linguaggio è l’ultima cosa da analizzare: perché è la lotta sia di quelli de destra sia dei nostri amici desy. “Di ciò di cui non si può parlare è bene tacere”. Allora, le parole sono importanti, perché modellano come pensiamo, perché ci chiudono o aprono orizzonti… Allora raga, il problema si risolve immediatamente. Volete usare la schwa? Voltere usare l *? Volete usare parole tedesche ad cazzum? Vogliamo lasciare una dignità all’italiano? Ognuno faccia il cazzo che gli pare, vediamo chi vince.
Non è l’America stellina, ma il principio d’uso. Poi si vedrà chi vince, ogni altro motivo è futile. Personalmente, poiché le parole si rifanno sempre ai concetti e i concetti si possono sempre esprimere in parole , credo che tutto sia traducibile in qualsiasi lingua. Forse non avrà lo stesso valore emotivo, perché la parola avrà una o due sillabe in più e quindi altererà la metrica della nostra poesia, ma l’idea filtra, e questo è quello che conta.
“Tutti coloro che pensano, pensano la stessa cosa”
“Potete uccidere l’uomo, non l’idea”
Dopotutto, noi siamo con Carmelo Bene:
Quindi, amici, lettori che volete pensare, levatevi dalla testa questo cazzo di Heidegger e impegnatevi nella serietà della ricerca della verità. Perché “se il linguaggio viene meno” allora forse il sentiero che avete imboccato è sbagliato e, tornando indietro, sarà bene tentare un’altra via…
«La filosofia di Heidegger, che vien considerato il maggior filosofo contemporaneo, è, come si sa, una lotta contro la banalità. Questa è intesa come la distrazione quotidiana: il perdersi negli affari (amorosi, commerciali, politici ecc.). Ma se poi si va a vedere, anche questa lotta contro la banalità si risolve essa pure in una riscoperta di verità banali, che invano il filosofo cerca di non far apparire tali attraverso la suggestione di un linguaggio ermetico e, nell’intenzione, traumatizzante. «Dobbiamo morire», «il tempo ci porta», «nel mondo non ci siamo messi da noi», ecc. Heidegger è il più grande dei filosofi contemporanei perché ha portato la filosofia contemporanea – quella laica – a riconoscere che più in là di questo non può andare, e che gli altri temi tradizionali sono esauriti. (Molti credono invece che la sua grandezza stia in quelle pagine che non si capiscono, o, che è lo stesso, che ciascuno può capire come vuole: utili, quindi, per farci su tesi di laurea, libere docenze, concorsi universitari ecc.)»
G. Bontadini, Il processo di banalizzazione della filosofia contemporanea, in Conversazioni di metafisica, vol. I, p. 212-213