Venerdì 26 luglio 2024
, sto lavorando in vigneto e sono estraneo agli avvenimenti del mondo. Una giornata come un’altra, e sono contento così, lontano dal rumore del mondo moderno.
Ora et labora.
Torno a casa dopo 15 ore in giro per i vigneti, non ho certo voglia di accendere la TV, e consumata una cena frugale esco a bere una birra coi fra. Di certo ignoro cosa sta succedendo a Parigi mentre sono nel chill.
Touch the grass.
Sostanzialmente la cerimonia di apertura della trentatreesima olimpiade moderna è stata una frociata. Dopo anni passati a dare dei finocchi ai francesi, non possiamo stupirci di una delle cerimonie di apertura più “fluide
” mai viste: talmente inclusiva da risultare una pagliacciata anche a chi doveva sentirsi rappresentato.
Secondo i dettami del discorso pubblico corrente dovrei inserire una citazione a caso presa da un commentatore ghei o stranosessuale contrariato da suddetta cerimonia d’apertura, ma siccome non non mi interessa classificare le persone in base chi lo mette e chi lo prende e in quale posizione, non lo farò.
Sicuramente mi sono risentito di uno spettacolo di cattivo gusto, rimpiango ancora i bei vecchi tempi delle gaie olimpiadi antiche, quando il vizio greco era sicuramente più diffuso e la gente non faceva caso a certe facezie della carne.
Reject modernity, embrace tradition
La vetta della cerimonia è stata la parodia dell’ultima cena in salsa queer ma non ci spenderò inchiostro sopra perché le immagini si commentano da sole. Naturalmente la mollezza di spirito ha colpito anche la Chiesa, in tempi non sospetti sarebbe bastato molto meno per indire una crociata, con conseguenti lauti appalti affidati alla Repubblica di Venezia.
Ma non possiamo sederci su queste considerazioni, in fondo questo articolo dovrebbe parlare di sport
, cosa non facile visto il livello di politicizzazione di queste olimpiadi. Nulla di nuovo, ieri gli USA si rifiutavano di partecipare alle olimpiadi in URSS
, oggi negano agli atleti russi la possibilità di rappresentare il proprio Paese con la propria bandiera: un grande Paese, un grande popolo con grandi atleti che hanno segnato la storia delle olimpiadi e dello sport, escluso per motivi politici.
E anche qui, forse gli antichi avrebbero molto da insegnarci.
Ma veniamo a noi. L’Italia globalmente ha fatto abbastanza cacare, piazzandosi ottava nel medagliere e seminando figure di merda decisamente antisportive lungo il percorso
; per un passo fatto avanti ne facciamo due indietro… Lontano dallo stereotipo italiota che vede solo nero e che incensa le altre squadre (nell’esterofilia si sa, gli italiani non sono secondi a nessuno), bisogna dire che tra la Carini che si ritira dopo due schiaffi e il settebello maschile che gira le spalle agli arbitri durante l’inno per gli errori arbitrali penalizzanti nella gara contro l’Ungheria (in cui comunque avevamo fatto schifo a prescindere dall’arbitraggio) non abbiamo fatto una gran figura…
Fortuna che le leonesse del volley hanno chiuso con un bel oro piallando le statunitensi 3 set a 0.
Brave tutte, ma di più la Egonu, che è più scura della Sylla e che è stata vittima delle infamanti accuse del Vannacci. Sicuramente come sostiene il generale non rappresenta la media italiana, infatti è da Galliera Veneta e meriterebbe di gareggiare coi colori oro porpora della sua nazione: il Veneto. Ad ogni modo, poiché il Veneto non può – al momento – vantare uno Stato, toccherà tifare Italia.
Nonostante tutto l’ITALOSFERA, può rallegrarsi delle presentazioni dei suoi atleti.
Non è di certo compito mio scopiazzare quattro nomi dal medagliere e commentare gare che non ho visto con frasi precostruite. Pertanto citerò solo due medaglie
su tutte, quelle che meglio rappresentano noi de ilBlast.
La prima non può che essere l’argento di Nadia Battocletti, arrivata seconda sui 10 km per 10 decimi di secondo
. Noi del Blast non siamo secondi a nessuno perché abbiamo deciso di stare out of the game, ma, come la Battocletti, siamo una mosca bianca nella nostra categoria. E continueremo ad esserlo.
La seconda è la medaglia Blast per eccellenza
: l’oro nello skeet a squadre miste di Diana Bacosi e Gabriele Rossetti. Questa medaglia, tanto più pesante in quanto guadagnata contro gli Yankee, manda un messaggio chiaro al mondo: gli italiani sono un popolo di sparatori
.
O SPARIAMO O SPARIAMO.
L’appetito vien shottando, e di certo Yusuf Dikec verrà ricordato per il suo alto potenziale memetico più che per l’argento orgogliosamente guadagnato sul campo. Poco male, a volte è meglio restare dèi anonimi dello cyberspazio che trovarsi i DM intasati di simp come Yeji Kim.
Fortunatamente per loro, Dikec e la Kim una volta tornati a casa non dovranno confrontarsi con le follie green che invece qui in Europa siamo costretti a sopportare; e l’olimpiade, si sa, è termometro dei tempi che corrono. Hanno fatto scalpore le notizie di atleti che dormivano in giardino a causa del grande caldo e dell’assenza dei condizionatori negli appartamenti del villaggio olimpico, a me resta ancora il dubbio se sia meglio patire caldo per salvare l’ambiente o patire freddo per tagliare le reni alla Russia. Di sicuro i nuotatori russi esclusi possono rallegrarsi di non esser stati costretti a prendersi l’Escherichia coli nella Senna.
A rileggere retrospettivamente questi episodi c’è stata sicuramente una vena di sadismo tra gli organizzatori
, qualcosa in stile 120 giornate di Sodoma patrocinato dal sindaco di Parigi Ana Maria Hidalgo. Ma mentre i nuotatori sguazzavano nella merda, le gare di surf si svolgevano serene nel mare della polinesia francese, ricordando al mondo la potenza coloniale della France, che mantiene il controllo diretto su oltre 130.000 km quadrati di “territori d’oltremare”
.
Non, Je ne regrette rien.
E ora il perno di tutto il discorso, i Negri.
Secondo scene già viste, i commentatori a destra e a sinistra devono costantemente sottolineare le quantità melaniniche degli atleti francesi. Una serie di domande mi vengono in mente quando leggo certi articoli, la prima:
da quando i giornalisti girano con la mazzetta Pantone in tasca?
Indubbiamente la squadra francese di Judo sembra più una squadra africana che europea, ma chi ha detto che la Francia non collasserà sotto il peso dei conflitti etnici? Volendo leggere forzatamente la superiorità del globalismo multietnico perché qualche colorato ha vinto una medaglia si rischia di perdere il contatto con la realtà dei sobborghi parigini, dei batiment marsigliesi e della Francia profonda, sommamente bianca, fieramente provinciale e anti-parigina per definizione. Da una situazione così potremmo anche aspettarci la secessione delle campagne dalle città, in una parola: centrifuga.
Di più, qualora i nuovi galli vengano ben integrati nel sistema francese, dovremmo leggerla come una vittoria del globalismo multietnico o del nazionalismo più intransigente?
Probabilmente la seconda, quando i figli di immigrati in terra di Francia rifiutano a portare la bandiera algerina, marocchina, maliana o senegalese
– perché non li rappresenta più – e portano fieramente il tricolore francese, parlando francese e distinguendo sè stessi in quanto francesi da chi arriva da fuori, la teoria nazionalistica che non lega l’etnia alla nazione trova la sua vera espressione.
Per dirla con le parole di Tony Iwobi.
Anche sto giro le olimpiadi sono finite e io non sono riuscito a guardarmi la lotta greco-romana, a non sudarmi le palle peggio della Khelif mentre scrivevo questo articolo, e non ho ancora imparato a skatare.
A proposito, avete visto skatare il 49enne Dallas Oberholzer?
Lui si che è un vero africano.